E Qualcuno dovrebbe vergognarsi.
Omeopatia, dentista e psicologo tutti i rimborsi per i deputati
Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti
l'assistenza sanitaria integrativa dei deputati. Si tratta di costi per
cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui
prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza
privata finanziata da Montecitorio. A rendere pubblici questi dati sono
stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenza
denominata Parlamento WikiLeaks.
Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non
solo ai 630 onorevoli. Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per
volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i
conviventi more uxorio.
Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10
milioni e 117mila euro. Tre milioni e 92mila euro per spese
odontoiatriche.
Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in
ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche
private). Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per
fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro. Quattrocentottantotto mila
euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai
problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.
Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e
138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro. I deputati si sono anche
fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno
chiesto il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila
euro di ticket.
Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati,
tuttavia, sono stati desegretati. "Abbiamo chiesto - dice la Bernardini -
quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune
prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio
balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura
(ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per
chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li
hanno voluti dare". Perché queste informazioni restano riservate, non
accessibili?
Cosa c'è da nascondere?
Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: "Il
sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla
Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto
del principio generale dell'accesso agli atti in base al quale la domanda
non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione dei dati da
parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire
le informazioni secondo le modalità richieste".
Il partito di Pannella, a questo proposito, è contrario. "Non ritengo -
spiega la deputata Rita Bernardini - che la Camera debba provvedere a dare
una assicurazione integrativa. Ogni deputato potrebbe benissimo farsela
per conto proprio avendo gia l'assistenza che hanno tutti i cittadini
italiani.
Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un
privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di
25 mila euro mensili, a farsi un'assicurazione privata. Non si capisce
perché questa 'mutua integrativà la debba pagare la Camera facendola
gestire direttamente dai Questori". "Secondo noi - aggiunge - basterebbe
semplicemente non prevederla e quindi far risparmiare alla collettività
dieci milioni di euro all'anno".
Mentre a noi tagliano sull'assistenza sanitaria e sociale è deprimente scoprire che alla casta rimborsano anche massaggi e chirurgie plastiche private - è il commento del presidente dell'ADICO, Carlo Garofolini - e sempre nel massimo silenzio di tutti.
...E NON FINISCE QUI...
“FANNO FINTA DI LITIGARE MA PER LORO E’ SEMPRE FESTA”
Sull'Espresso di qualche settimana fa c'era un articoletto che spiega che recentemente il Parlamento ha votato all'UNANIMITA' e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa € 1.135,00 al mese.
Inoltre la mozione e stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali.
STIPENDIO Euro 19.150,00 AL MESE
STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese
PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)
RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese
INDENNITA' DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00)
TUTTI ESENTASSE
+
TELEFONO CELLULARE gratis
TESSERA DEL CINEMA gratis
TESSERA TEATRO gratis
TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA gratis
FRANCOBOLLI gratis
VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis
PISCINE E PALESTRE gratis
FS gratis
AEREO DI STATO gratis
AMBASCIATE gratis
CLINICHE gratis
ASSICURAZIONE INFORTUNI gratis
ASSICURAZIONE MORTE gratis
AUTO BLU CON AUTISTA gratis
RISTORANTE gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00). Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi (41 anni per il pubblico impiego)
Circa Euro 103.000,00 li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera. (Es: la sig.ra Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l'auto blu ed una scorta sempre al suo servizio)
La classe politica ha causato al paese un danno di 1 MILIARDO e 255 MILIONI di EURO.
La sola camera dei deputati costa al cittadino Euro 2.215,00 al MINUTO !!
Far circolare. Si sta promuovendo un referendum per l'abolizione dei privilegi di tutti i parlamentari. Queste informazioni possono essere lette solo attraverso Internet in quanto quasi tutti i mass media rifiutano di portarle a conoscenza degli italiani.
ASSOCIAZIONE CULTURALE APARTITICA O.N.L.U.S.
ORGANIZZAZIONE NON LUCRATIVA DI UTILITA' SOCIALE
PER RIAPPROPRIARCI DELLA NOSTRA IDENTITA', E PERCHE' LA SARDEGNA ABBIA IL RUOLO CHE LE COMPETE, PROPONIAMO E ORGANIZZIAMO INCONTRI PER : | |||||||||||
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mercoledì 31 agosto 2011
venerdì 26 agosto 2011
La Libia di Gheddafi. Dittatura?
Gheddafi: " Libia libera dagli invasori colonizzatori stranieri". Fino a 5 mesi fa era la prima economia africana. Ecco la Libia di Muammar Gheddafi:
■ elettricità domestica gratuita per tutti;
■ acqua domestica gratuita per tutti;
■ il prezzo della benzina 0,08 euro al litro;
■ il costo della vita in Libia è molto meno caro di quello dei paesi occidentali. Es. il costo di una mezza baguette di pane in Francia costa più o meno 0,40 euro, quando in Libia costa solo 0,11 euro;
■ le banche libiche accordano prestiti senza interessi;
■ i cittadini non hanno tasse da pagaren e l’IVA non esiste;
■ la Libia non ha debito pubblico;
■ il prezzo delle vetture (Chevrolet, Toyota, Nissan ecc.) è al prezzo di costo;
■ per ogni studente che vuole andare a studiare all’estero, il governo attribuisce una borsa di 1 627,11 Euro al mese;
■ tutti gli studenti diplomati ricevono lo stipendio medio della professione scelta se non riescono a trovare lavoro;
■ quando una coppia si sposa, lo Stato paga il primo appartamento o casa (150 metri quadrati);
■ ogni famiglia libica, previa presentazione del libretto di famiglia, riceve un aiuto di 300 euro al mese;
■ esistono dei posti chiamati « Jamaiya », dove si vendono a metà prezzo i prodotti alimentari per tutte le famiglie numerose, previa presentazione del libretto di famiglia;
■ tutti i pensionati ricevono un aiuto di 200 euro al mese, oltre la pensione;
■ per tutti gli impiegati pubblici in caso di mobilità necessaria attraverso la Libia, lo Stato fornisce una vettura e una casa a titolo gratuito. Dopo qualche tempo questi beni diventano di proprietà dell’impiegato.
■ nel servizio pubblico, anche se la persona si assenta uno o due giorni, non vi è alcuna riduzione di stipendio e non è richiesto alcun certificato medico;
■ tutti i cittadini della libia che non hanno una casa, possono iscriversi a una particolare organizzazione statale che gli attribirà una casa senza alcuna spesa e senza credito. Il diritto alla casa è fondamentale in Libia. E una casa deve essere di chi la occupa;
■ tutti i cittadini libici che vogliono fare dei lavori nella propria casa possono iscriversi a una particolare organizzazione, e questi lavori saranno effettutati gratuitamente da aziende scelte dallo Stato;
■ l’eguaglianza tra uomo e donna è un punto cardine per la Libia, le donne hanno accesso a importanti funzioni e posizioni di responsabilità;
■ ogni cittadino o cittadina della Libia si puo’ investire nella vita politica e nella gestione degli affari pubblici, a livello locale, regionale e nazionale, in un sistema di DEMOCRAZIA DIRETTA (iniziando dal Congresso popolare di base, permanente, fino ad arrivare al Congresso generale del popolo, il grande Congresso nazionale che si riunisce una volta all’anno).
■ elettricità domestica gratuita per tutti;
■ acqua domestica gratuita per tutti;
■ il prezzo della benzina 0,08 euro al litro;
■ il costo della vita in Libia è molto meno caro di quello dei paesi occidentali. Es. il costo di una mezza baguette di pane in Francia costa più o meno 0,40 euro, quando in Libia costa solo 0,11 euro;
■ le banche libiche accordano prestiti senza interessi;
■ i cittadini non hanno tasse da pagaren e l’IVA non esiste;
■ la Libia non ha debito pubblico;
■ il prezzo delle vetture (Chevrolet, Toyota, Nissan ecc.) è al prezzo di costo;
■ per ogni studente che vuole andare a studiare all’estero, il governo attribuisce una borsa di 1 627,11 Euro al mese;
■ tutti gli studenti diplomati ricevono lo stipendio medio della professione scelta se non riescono a trovare lavoro;
■ quando una coppia si sposa, lo Stato paga il primo appartamento o casa (150 metri quadrati);
■ ogni famiglia libica, previa presentazione del libretto di famiglia, riceve un aiuto di 300 euro al mese;
■ esistono dei posti chiamati « Jamaiya », dove si vendono a metà prezzo i prodotti alimentari per tutte le famiglie numerose, previa presentazione del libretto di famiglia;
■ tutti i pensionati ricevono un aiuto di 200 euro al mese, oltre la pensione;
■ per tutti gli impiegati pubblici in caso di mobilità necessaria attraverso la Libia, lo Stato fornisce una vettura e una casa a titolo gratuito. Dopo qualche tempo questi beni diventano di proprietà dell’impiegato.
■ nel servizio pubblico, anche se la persona si assenta uno o due giorni, non vi è alcuna riduzione di stipendio e non è richiesto alcun certificato medico;
■ tutti i cittadini della libia che non hanno una casa, possono iscriversi a una particolare organizzazione statale che gli attribirà una casa senza alcuna spesa e senza credito. Il diritto alla casa è fondamentale in Libia. E una casa deve essere di chi la occupa;
■ tutti i cittadini libici che vogliono fare dei lavori nella propria casa possono iscriversi a una particolare organizzazione, e questi lavori saranno effettutati gratuitamente da aziende scelte dallo Stato;
■ l’eguaglianza tra uomo e donna è un punto cardine per la Libia, le donne hanno accesso a importanti funzioni e posizioni di responsabilità;
■ ogni cittadino o cittadina della Libia si puo’ investire nella vita politica e nella gestione degli affari pubblici, a livello locale, regionale e nazionale, in un sistema di DEMOCRAZIA DIRETTA (iniziando dal Congresso popolare di base, permanente, fino ad arrivare al Congresso generale del popolo, il grande Congresso nazionale che si riunisce una volta all’anno).
giovedì 25 agosto 2011
martedì 23 agosto 2011
Lettera al Presidente Napolitano
Presidente, basta.
da Furiodetti
Fonte: Paperblog di oggi.
Ho letto e riletto, e riletto, con attenzione e trasporto le Sue pagine del discorso al meeting CL di Rimini. Le risparmio facili ironie, fra cui il soprannome - secondo me azzeccato - che circola in rete sull'uditorio a cui Lei si è istituzionalmente rivolto. Mi limiterò al senso e a una modesta esegesi delle Sue parole, nulla di più. E basta.
Lei parla di "respiro storico e ideale del dibattito nazionale" io parlo di "fiato" e Le dico molto pianamente che la nazione, di fiato, non ne ha più, e da un bel po'. Se Lei si prendesse la briga di vivere come un normale cittadino vedrebbe che al di là di un finto benessere nevrotico e compulsivo, fatto di SUV, vacanze-a-tutti-i-costi, parrucchieri&estetisti, acquisti dettati dalla rabbia e dalla frustrazione, gli Italiani sono un popolo impoverito, indebitato, preso alla gola. Senza futuro, né speranza. Non c'è fiato dentro le code che usano quotidianamente le carte di credito - dovrebbero chiamarle carte di debito, semmai! - non c'è fiato, né dignità di sé, in questo carnaio di controesodo estivo prima del disastro; vedrebbe anche, se si spingesse più a fondo nelle nostre strade e nelle nostre vite, la rinuncia e la disperazione di quegli invisibili, sempre più numerosi, che non possono neanche permettersi la nevrosi del credito al consumo. Io li vedo, si chiamano nel gergo del mio lavoro pubblico: "famiglie disagiate", e ne vedo diverse. Sempre di più anche se per pudore cercano di apparire comprensibilmente sempre meno. La povertà fa puzza, Presidente. E basta.
Lei parla di "dura crisi di fiducia e pesanti scosse e rischi sui mercati finanziari", io parlo di infame speculazione di un sistema che ha scritto le due parole "intermediazione finanziaria" e le ha spennellate al retro di colla al sangue e le ha fatte etichetta legale e rispettabile sulla pratica odiosa, assassina e criminosa chiamata usura: un sistema assassino che privatizza i profitti e socializza i costi, sempre, sistematicamente, i costi diretti e specialmente indiretti. Io parlo di consigli di amministrazione che strangolano fisicamente anche se immaterialmente lavoratori, pensionati, donne, uomini e bambini. Che fabbricano ricavi fittizi con ristrutturazioni che sanno solo spremere alla midolla e infine licenziare chi sgobba e premiare chi - agli alti piani - costruisce bolle sempre più esplosive, ma se ne andrà sempre con buone uscite milionarie, mentre i sottoposti in lacrime ficcano i loro effetti nelle scatole di cartone. Mentre chi resta è obbligato a competere col simile a colpi bassi, ricattato con parole come "produttività" e "budget" e arriva persino a sentirsi in colpa se non dedica la sua vita al Moloch del management. Io Le parlo di blasonati "analisti" che apparentemente non sono stati capaci di individuare le crisi, crescenti e ricorrenti, del loro folle sistema, Le parlo di apparenza perché ho il fondato sospetto che lorsignori, usciti dalle migliori accademie, abbiano in realtà studiato queste crisi a fondo e le abbiano scientemente preparate, pianificate e incoraggiate per trasformarle in una vacca d'oro per i loro padroni. La scienza del profitto non cresce sugli alberi, ma è parto perfezionato dell'accademia borghese. Io Le parlo di speculatori che scommettono sul collasso di economie, nazioni e popoli e che pilotano i media per intontire questi ronzini tremanti e squassati, votati al macello a scommessa dei Credit Default Swap. Per dirne una sola, delle diecimila trappole. Presidente sono uno che ha il grave difetto di leggere libri, anche di economia, e documentarsi. E tutto questo si chiama usura e rapina. Oro liquido distillato dal sangue e dalla disperazione. E basta.
Lei parla di smarrimento "negli itinerari dell'educazione, della comunicazione, della discussione pubblica, della partecipazione politica". Io Le parlo di una politica che ha agevolato l'economia di cui sopra nel preparare e diffondere con i media - la televisione, privata prima, e poi pubblica come veicolo principe - un'incultura dell'apparenza, della menzogna, dell'avere sull'essere, dello sradicamento delle identità culturali e etniche, da quelle locali a quelle nazionali, e vilificazione delle stesse a divertente e innocuo folklore, o peggio di teatrino farlocco con cui spacciare partiti ormai artificiali, pienamente integrati nella macchina, che hanno da anni tradito le loro buone radici. Le parlo di un'incultura fatta di uniformità al pensiero unico, obbedienza dogmatica alle ipocrisie ributtanti del politicamente corretto e criminalizzazione del dissenso, specialmente se fondato e capace di svegliare il popolo dalla sua narcosi. Io Le parlo di diseducazione. Le parlo di una comunicazione fraudolenta basata sulla rissa, sul non approfondimento, sulla banalizzazione del complesso e sulla complessità del fumo gettato per far avanzare le parole d'ordine del momento, per esecrare i bersagli di comodo e anestetizzare il dissenso a comando, criminalizzando ogni speranza di rivolta e cambiamento contro questo meccanismo bugiardo e infame. Le parlo di media che cantano la ninna nanna alle nazioni o suadenti canti da sirena, mentre il grande capitale e la grande finanza, le famose plutocrazie mai morte, affondano lo stiletto al cuore, meglio di un qualunque Caserio. In un gioco delle parti sin troppo invertito. Le parlo di forze politiche che hanno fatto di questo sistema diseducativo benzina per il loro apparato e preparazione metodica del consenso bovino. Riducendo la discussione pubblica agli allarmi di comodo, creati per nascondere i problemi reali e soprattutto occultare nomi e cognomi e specifiche responsabilità in questo disegno di rincoglionimento metodico, di obsolescenza programmata dello sdegno. Dentro una carogna da scannare, fuori l'altra. Carnaccia dopo carnaccia, Presidente. Sono stato dentro ai media per qualche tempo. So di cosa parlo. Le parlo di una politica che a parte "parole, parole, parole", a ogni livello, non ha mai fermato questo processo di conquista della comunicazione radiotelevisiva pubblica ma lo ha agevolato con leggi create ad hoc. Le parlo di una politica che ha ridotto l'istruzione a erogazione di un servizio afono, insipido, privo di senso e votato alla fabbricazione di teste conformi, invece di uomini che divengano tali. Le parlo di un sistema politico che ha offeso, deride, insulta e offende anche per bocca di ministri dell'esecutivo, senza sosta, chi - malpagato e defraudato di diritti e riconoscimento - cerca di dare ai bambini i mezzi per capire e diventare ciò che sono, nello spirito del pensiero e dell'uomo della polis greca. Sono dentro questa gogna da qualche anno, Presidente, e guardi che la gogna devo comunque ringraziarla, l'alternativa sarebbe peggiore. Pensi Lei. Le parlo di una partecipazione svuotata di senso poiché anno dopo anno, legislatura dopo legislatura, i politici - i professionisti della politica - in blocco hanno lavorato senza sosta a creare questa situazione disastrosa, in cambio di isole di privilegi, visibilità e rappresentanza surrettizia, ricoprendo con metodo e coscienza un ruolo puramente accessorio e piattamente strumentale ai desiderata del potere forte di cui sopra: l' economia della grande finanza. Le parlo di questo imbroglio che ha fabbricato cittadini disillusi e sfiduciati, rabbiosi, soli. Senza voce e soprattutto senza la speranza e la possibilità effettiva di cambiare la classe dirigente rinnovandola e rimuovendola quando inefficiente e persino dannosa ai reali interessi del popolo. Questo ci ammazza dentro: sapere che le cose stanno proprio così. Un popolo chiamato alle urne pro-forma poiché i giochi sono decisi altrove e da tempo. Un popolo che quando tenta di portare avanti la carretta della democrazia diretta nella forma dello strumento referendario - carretta fatta nascere per ovvie ragioni già sbilenca, caracollante, malandata e sconciata a dovere dai nostri illustri padri costituenti (un brindisi anche a loro) - è prima deriso dai politici, poi scoraggiato in mille modi dalla burocrazia necessaria a imbandire una consultazione referendaria, poi, se suo malgrado e a dispetto dei politici, la carretta si mette in moto, il popolo-bue è invitato a mollare il giogo, sbrigliarsi, fregarsene e andare al mare. L'urna a comando. Il popolo metta la crocetta solo quando fa comodo, elezioni politiche e amministrative, Presidente, altrimenti zitti e al mare (o ai monti), ma lontano dai seggi, per carità. Impotenza e basta.
Lei parla di uno "straordinario patrimonio di sensibilità, interesse culturale e morale, disponibilità a esprimersi e a impegnarsi, soprattutto fra i giovani". Io parlo dei giovani, ah i giovani! Quelli che sono stati rimossi dal sistema produttivo e trasformati in semplici consumatori, in problema (dis)occupazionale, in banali e bugiardi ritratti fabbricati dai media di cui sopra. In persone derise, insultate, offese da salari bassi, escluse dai concorsi pilotati nel pubblico e angariate dal privato, rimosse dagli studi dei liberi professionisti se per caso restano incinte (donne) o chiedono di essere pagati per lavorare (uomini), grazie alla felice balla della formazione, dello stagismo permanente. Stragismo, del futuro, semmai. Stragismo della speranza di avere indipendenza e serenità minime. Dignità. Un'oncia, mica che roba, poi. I giovani - battezzati Bamboccioni da uno dei soliti ministri, ora nel regno dei più - che devono solo ringraziare una classe produttiva e dirigente da gerontocomio per avere l'opportunità dello sgobbo semigratuito e del call-center o l'alternativa della schiavitù ammannita agli immigrati, sempre comodi per quanto denigrati, perché "fanno quei lavori (=schiavitù) che i giovani italiani non vogliono più fare". Comodissimo alibi, nevvero. Ho sentito storie di giovani restauratrici che rintracciavano capolavori da salvare, puntualmente assegnati ai soliti noti, o gestiti con procedure eufemisticamente catalogabili come ambigue e poco trasparenti presso gli uffici competenti, di gente costretta a rinunciare alle proprie competenze e talenti per sopravvivere dietro una cassa del supermercato o una boutique di guepieres. Ho saputo di centinaia di curricula inviati a vuoto senza lo straccio di una risposta. I giovani condannati a questo schifo dalla benefica globalizzazione. Realtà che, parafrasando uno statista dei tempi andati, il sottoscritto sa "sa per averlo provato", se non "cosa significhi la casa deserta e il desco nudo" certamente cosa significhi: "Amore hai 30 euro disponibili sul conto", al 12 del mese senza entrate fisse. Naturalmente quando il sottoscritto, laureato con lode, poliglotta e dotato di Master, ha goduto in pieno delle gioie e delle ricche opportunità fabbricate ad arte e beneficio dei soliti noti, dalle leggi Treu e Biagi. I nomi sono importanti Presidente e le responsabilità pure. Per dieci anni, questa non-vita infame mi son fatto. Passando da una formazione all'altra, da uno stage all'altro, da un corso di riqualificazione professionale all'altro. Inventandomi alta professionalità ma in cambio di una magrissima elemosina annuale per non entrare nel limbo di quelli che ciondolano al bar o crepano lentamente dentro senza alzarsi dal letto. Me la sono sciroppata come migliaia di giovani sensibili e vogliosi di impegno, questa roba. Un limbo disperato color piombo, che mi ha regalato la colite cronica, sì la diarrea, Presidente. Chiamiamo le cose col loro nome: diarrea. Cronica. Anche ora che, a partire dai miei 35 anni (il Mezzo del cammin della vita di un Dante Alighieri), ho la fortuna immensa di avere un'entrata fissa e "son contento". Per me l'ascesa all'Empireo è stato l'impiego. La mia Commedia personale. Dopo questo Inferno. Però, Presidente, di dantesco per quei giorni felici, assecondati dalle leggi firmate e controfirmate da Presidenza della Repubblica e Parlamento, mi è rimasto a contrappasso della dignità ritrovata, un piccolo ricordino infernale: un riservato, laghetto di escrementi permanente. Lasciando stare il fatto che non ho mai pensato di permettermi dei figli, se non da ora (ho 39 anni, classe del '72, secolo scorso, mia moglie pure). Si legga, se ne ha modo, Presidente, fra le tante, il libro di Aldo Nove Mi chiamo Roberta, ho 40 anni e guadagno 250 euro al mese, o si faccia un giro su http://www.anagrafeprecari.it/ per vedere i giovani, la maggioranza, che ancora scontano se han fortuna i gironi e le bolge del non-lavoro. La garrota dei Cocopro... degli atipici. Insomma, La parte peggiore del paese, Presidente, così la vostra politica li chiama, costoro. La parte peggiore. Di tal parte io ne feci parte. Per dieci anni. Una deprimente Iliade dei tempi moderni. La versione ingloriosa e trucida della guerra di Troia, legalizzata ad arte dai giuslavoristi. E basta.
Lei parla di "grandi riserve, di risorse umane e morali, di intelligenza e di lavoro di cui disponiamo". Io parlo, per le ragioni di cui sopra, di un paese e una politica che hanno assassinato il futuro dei giovani, costringendo i migliori di loro a fuggire all'estero, roba che le problematiche situazioni sociali e lavorative estere, che fanno dire ai nostri omologhi stranieri, europei e non, "che non c'è lavoro", fanno dire a questi miei amici emigrati che quei paesi, con tutti i loro problemi, gli sembrano comunque un Bengodi di opportunità, paragonati alla palude italica. Parlo di un paese e di una classe dirigente che stanno strangolando i pensionati e ridurli a fare da ammortizzatore sociale, per dare o acquistare un tetto a figli e nipoti che sono rimasti. Il libero mercato immobiliare e degli affitti. Mai sazio di forche e strangolamenti. Ce ne sarebbe una da aprire di porte sullo strazio e sui patiboli... Presidente, io dico che le risorse finiscono presto quando si strozzano tutti gli altri per regalare alla politica gli stipendi che prende e la possibilità di percepire vitalizi e pensioni dopo un pugno di mesi. Mentre nel frattempo si alza l'asticella per i poveri gonzi. E basta.
Lei parla di "coraggio e lungimiranza (...) della speranza della volontà dell'impegno", non chieda coraggio a chi è stato scientemente allevato a scoraggiarsi da decenni di questo andazzo, non chieda lungimiranza a chi è stato cacciato volutamente nel ghetto nero dell'impotenza e della rassegnazione, di faccia al muro del nulla. Non chieda impegno e volontà ai troppi che, per arricchire i pochi, sono stati sistematicamente defraudati delle condizioni minime per abbozzare un sorriso e pensare al futuro. Lei parla di "spirito di sacrificio e di massimo slancio creativo e innovativo" Non chieda questo, quando burocrazia, istituzioni, fisco e "buonsenso civico" sono stati per decenni la morte di ogni slancio, la bara gelida della creatività, la condanna di ogni rinnovamento. Lei parla di "ricostruzione e cambiamento" quando queste parole sono state giurate e spergiurate ogni dannato mese dalla classe politica, fino alla più radicale, ricostruita e rinnovata nausea, perché ogni mese successivo è stato fatto di tutto per impedire ogni ricostruzione di solidarietà, libertà, autonomia, con metodo e coerenza disumani. E basta.
Lei parla, ed è secondo me la cosa più grave, decisiva e seria del Suo intervento, dell'eventualità di "forze di maggioranza e di governo dominate dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea". Se la Sua valutazione risponde a verità, e non fosse, come temo sia, la riduzione in domanda retorica e minimizzazione in termini di linguaggio istituzionale di responsabilità enormi, colossali e reiterate nel tempo, Le chiedo, Presidente, che ruolo abbia mai ricoperto Lei in tutti questi anni quando leggi, provvedimenti e decreti di questo governo sono stati metodicamente avallati, accettati e controfirmati dalla Presidenza della Repubblica, con correttivi minimi e meramente di facciata, correttivi che, alla prova dei fatti, se mai introdotti, sono stati inefficaci poiché siamo giunti evidentemente a questo punto. Le chiedo questo e basta, Presidente Napolitano. Le chiedo se un qualunque Sandro Pertini, Suo predecessore, si sarebbe posto nello stesso modo di fronte a questa "propaganda", parole Sue. E basta.
del resto, tralasciando il ruolo del Governo e della Presidenza nelle missioni estere, per esempio l'attacco Nato alla Libia, paese con cui questo stesso Governo, che ora suona incoerentemente le trombe di guerra, aveva stretto un patto di reciproco riconoscimento, stima, onore e ausilio reciproco, un Patto di Amicizia, Presidente, non noccioline! Con quel Gheddafi il quale è chiamato tiranno e boia dalle stesse autorità e istituzioni che lo hanno riverito e accolto pochi mesi addietro come un principe a Roma.
Lei era presente, mi pare.
presidente, basta!
Tutto ciò tralasciando pure, ma non dovrei, il resto delle missioni di guerra in cui l'Italia - ex articolo 11 Cost. pare - si trova invischiata con rara devozione...
Le chiedo ora, Presidente Napolitano, se non sia il caso di dimettersi. Di dare seguito a un onesto: basta! Per coerenza.
Penso ed esercito tale diritto di critica e tale richiesta come cittadino, proprio sulla base di queste considerazioni e sulla scorta della Sua pur dubitativa e forse retorica questione della "propaganda" governativa; credo che Lei non abbia la scorta necessaria per dire quel che ha detto al meeting di CL, pensandoLa comunque, me ne dispiaccio io per primo e con il massimo rispetto, come uno dei peggiori e più silenti Presidenti della nostra storia repubblicana a fronte di tutte queste storture e monumentali incoerenze del sistema politico. Ho l'opinione che sia troppo tardi per suonare la campana, e dire, anzi denunciare, quel che ha detto. Cose che contrastano, a mio personale parere, drammaticamente con la più elementare evidenza. Con la più semplice e dovuta coerenza.
Presidente, basta!
P.S: A riprova di quanto affermo le mostro come la questione libica e la piega che sta prendendo denunciano le reali ragioni di tanto intervento umanitario. Si fregano le mani, perché stanno per allungarle su quello che appartiene al popolo libico.
da Furiodetti
Fonte: Paperblog di oggi.
Ho letto e riletto, e riletto, con attenzione e trasporto le Sue pagine del discorso al meeting CL di Rimini. Le risparmio facili ironie, fra cui il soprannome - secondo me azzeccato - che circola in rete sull'uditorio a cui Lei si è istituzionalmente rivolto. Mi limiterò al senso e a una modesta esegesi delle Sue parole, nulla di più. E basta.
Lei parla di "respiro storico e ideale del dibattito nazionale" io parlo di "fiato" e Le dico molto pianamente che la nazione, di fiato, non ne ha più, e da un bel po'. Se Lei si prendesse la briga di vivere come un normale cittadino vedrebbe che al di là di un finto benessere nevrotico e compulsivo, fatto di SUV, vacanze-a-tutti-i-costi, parrucchieri&estetisti, acquisti dettati dalla rabbia e dalla frustrazione, gli Italiani sono un popolo impoverito, indebitato, preso alla gola. Senza futuro, né speranza. Non c'è fiato dentro le code che usano quotidianamente le carte di credito - dovrebbero chiamarle carte di debito, semmai! - non c'è fiato, né dignità di sé, in questo carnaio di controesodo estivo prima del disastro; vedrebbe anche, se si spingesse più a fondo nelle nostre strade e nelle nostre vite, la rinuncia e la disperazione di quegli invisibili, sempre più numerosi, che non possono neanche permettersi la nevrosi del credito al consumo. Io li vedo, si chiamano nel gergo del mio lavoro pubblico: "famiglie disagiate", e ne vedo diverse. Sempre di più anche se per pudore cercano di apparire comprensibilmente sempre meno. La povertà fa puzza, Presidente. E basta.
Lei parla di "dura crisi di fiducia e pesanti scosse e rischi sui mercati finanziari", io parlo di infame speculazione di un sistema che ha scritto le due parole "intermediazione finanziaria" e le ha spennellate al retro di colla al sangue e le ha fatte etichetta legale e rispettabile sulla pratica odiosa, assassina e criminosa chiamata usura: un sistema assassino che privatizza i profitti e socializza i costi, sempre, sistematicamente, i costi diretti e specialmente indiretti. Io parlo di consigli di amministrazione che strangolano fisicamente anche se immaterialmente lavoratori, pensionati, donne, uomini e bambini. Che fabbricano ricavi fittizi con ristrutturazioni che sanno solo spremere alla midolla e infine licenziare chi sgobba e premiare chi - agli alti piani - costruisce bolle sempre più esplosive, ma se ne andrà sempre con buone uscite milionarie, mentre i sottoposti in lacrime ficcano i loro effetti nelle scatole di cartone. Mentre chi resta è obbligato a competere col simile a colpi bassi, ricattato con parole come "produttività" e "budget" e arriva persino a sentirsi in colpa se non dedica la sua vita al Moloch del management. Io Le parlo di blasonati "analisti" che apparentemente non sono stati capaci di individuare le crisi, crescenti e ricorrenti, del loro folle sistema, Le parlo di apparenza perché ho il fondato sospetto che lorsignori, usciti dalle migliori accademie, abbiano in realtà studiato queste crisi a fondo e le abbiano scientemente preparate, pianificate e incoraggiate per trasformarle in una vacca d'oro per i loro padroni. La scienza del profitto non cresce sugli alberi, ma è parto perfezionato dell'accademia borghese. Io Le parlo di speculatori che scommettono sul collasso di economie, nazioni e popoli e che pilotano i media per intontire questi ronzini tremanti e squassati, votati al macello a scommessa dei Credit Default Swap. Per dirne una sola, delle diecimila trappole. Presidente sono uno che ha il grave difetto di leggere libri, anche di economia, e documentarsi. E tutto questo si chiama usura e rapina. Oro liquido distillato dal sangue e dalla disperazione. E basta.
Lei parla di smarrimento "negli itinerari dell'educazione, della comunicazione, della discussione pubblica, della partecipazione politica". Io Le parlo di una politica che ha agevolato l'economia di cui sopra nel preparare e diffondere con i media - la televisione, privata prima, e poi pubblica come veicolo principe - un'incultura dell'apparenza, della menzogna, dell'avere sull'essere, dello sradicamento delle identità culturali e etniche, da quelle locali a quelle nazionali, e vilificazione delle stesse a divertente e innocuo folklore, o peggio di teatrino farlocco con cui spacciare partiti ormai artificiali, pienamente integrati nella macchina, che hanno da anni tradito le loro buone radici. Le parlo di un'incultura fatta di uniformità al pensiero unico, obbedienza dogmatica alle ipocrisie ributtanti del politicamente corretto e criminalizzazione del dissenso, specialmente se fondato e capace di svegliare il popolo dalla sua narcosi. Io Le parlo di diseducazione. Le parlo di una comunicazione fraudolenta basata sulla rissa, sul non approfondimento, sulla banalizzazione del complesso e sulla complessità del fumo gettato per far avanzare le parole d'ordine del momento, per esecrare i bersagli di comodo e anestetizzare il dissenso a comando, criminalizzando ogni speranza di rivolta e cambiamento contro questo meccanismo bugiardo e infame. Le parlo di media che cantano la ninna nanna alle nazioni o suadenti canti da sirena, mentre il grande capitale e la grande finanza, le famose plutocrazie mai morte, affondano lo stiletto al cuore, meglio di un qualunque Caserio. In un gioco delle parti sin troppo invertito. Le parlo di forze politiche che hanno fatto di questo sistema diseducativo benzina per il loro apparato e preparazione metodica del consenso bovino. Riducendo la discussione pubblica agli allarmi di comodo, creati per nascondere i problemi reali e soprattutto occultare nomi e cognomi e specifiche responsabilità in questo disegno di rincoglionimento metodico, di obsolescenza programmata dello sdegno. Dentro una carogna da scannare, fuori l'altra. Carnaccia dopo carnaccia, Presidente. Sono stato dentro ai media per qualche tempo. So di cosa parlo. Le parlo di una politica che a parte "parole, parole, parole", a ogni livello, non ha mai fermato questo processo di conquista della comunicazione radiotelevisiva pubblica ma lo ha agevolato con leggi create ad hoc. Le parlo di una politica che ha ridotto l'istruzione a erogazione di un servizio afono, insipido, privo di senso e votato alla fabbricazione di teste conformi, invece di uomini che divengano tali. Le parlo di un sistema politico che ha offeso, deride, insulta e offende anche per bocca di ministri dell'esecutivo, senza sosta, chi - malpagato e defraudato di diritti e riconoscimento - cerca di dare ai bambini i mezzi per capire e diventare ciò che sono, nello spirito del pensiero e dell'uomo della polis greca. Sono dentro questa gogna da qualche anno, Presidente, e guardi che la gogna devo comunque ringraziarla, l'alternativa sarebbe peggiore. Pensi Lei. Le parlo di una partecipazione svuotata di senso poiché anno dopo anno, legislatura dopo legislatura, i politici - i professionisti della politica - in blocco hanno lavorato senza sosta a creare questa situazione disastrosa, in cambio di isole di privilegi, visibilità e rappresentanza surrettizia, ricoprendo con metodo e coscienza un ruolo puramente accessorio e piattamente strumentale ai desiderata del potere forte di cui sopra: l' economia della grande finanza. Le parlo di questo imbroglio che ha fabbricato cittadini disillusi e sfiduciati, rabbiosi, soli. Senza voce e soprattutto senza la speranza e la possibilità effettiva di cambiare la classe dirigente rinnovandola e rimuovendola quando inefficiente e persino dannosa ai reali interessi del popolo. Questo ci ammazza dentro: sapere che le cose stanno proprio così. Un popolo chiamato alle urne pro-forma poiché i giochi sono decisi altrove e da tempo. Un popolo che quando tenta di portare avanti la carretta della democrazia diretta nella forma dello strumento referendario - carretta fatta nascere per ovvie ragioni già sbilenca, caracollante, malandata e sconciata a dovere dai nostri illustri padri costituenti (un brindisi anche a loro) - è prima deriso dai politici, poi scoraggiato in mille modi dalla burocrazia necessaria a imbandire una consultazione referendaria, poi, se suo malgrado e a dispetto dei politici, la carretta si mette in moto, il popolo-bue è invitato a mollare il giogo, sbrigliarsi, fregarsene e andare al mare. L'urna a comando. Il popolo metta la crocetta solo quando fa comodo, elezioni politiche e amministrative, Presidente, altrimenti zitti e al mare (o ai monti), ma lontano dai seggi, per carità. Impotenza e basta.
Lei parla di uno "straordinario patrimonio di sensibilità, interesse culturale e morale, disponibilità a esprimersi e a impegnarsi, soprattutto fra i giovani". Io parlo dei giovani, ah i giovani! Quelli che sono stati rimossi dal sistema produttivo e trasformati in semplici consumatori, in problema (dis)occupazionale, in banali e bugiardi ritratti fabbricati dai media di cui sopra. In persone derise, insultate, offese da salari bassi, escluse dai concorsi pilotati nel pubblico e angariate dal privato, rimosse dagli studi dei liberi professionisti se per caso restano incinte (donne) o chiedono di essere pagati per lavorare (uomini), grazie alla felice balla della formazione, dello stagismo permanente. Stragismo, del futuro, semmai. Stragismo della speranza di avere indipendenza e serenità minime. Dignità. Un'oncia, mica che roba, poi. I giovani - battezzati Bamboccioni da uno dei soliti ministri, ora nel regno dei più - che devono solo ringraziare una classe produttiva e dirigente da gerontocomio per avere l'opportunità dello sgobbo semigratuito e del call-center o l'alternativa della schiavitù ammannita agli immigrati, sempre comodi per quanto denigrati, perché "fanno quei lavori (=schiavitù) che i giovani italiani non vogliono più fare". Comodissimo alibi, nevvero. Ho sentito storie di giovani restauratrici che rintracciavano capolavori da salvare, puntualmente assegnati ai soliti noti, o gestiti con procedure eufemisticamente catalogabili come ambigue e poco trasparenti presso gli uffici competenti, di gente costretta a rinunciare alle proprie competenze e talenti per sopravvivere dietro una cassa del supermercato o una boutique di guepieres. Ho saputo di centinaia di curricula inviati a vuoto senza lo straccio di una risposta. I giovani condannati a questo schifo dalla benefica globalizzazione. Realtà che, parafrasando uno statista dei tempi andati, il sottoscritto sa "sa per averlo provato", se non "cosa significhi la casa deserta e il desco nudo" certamente cosa significhi: "Amore hai 30 euro disponibili sul conto", al 12 del mese senza entrate fisse. Naturalmente quando il sottoscritto, laureato con lode, poliglotta e dotato di Master, ha goduto in pieno delle gioie e delle ricche opportunità fabbricate ad arte e beneficio dei soliti noti, dalle leggi Treu e Biagi. I nomi sono importanti Presidente e le responsabilità pure. Per dieci anni, questa non-vita infame mi son fatto. Passando da una formazione all'altra, da uno stage all'altro, da un corso di riqualificazione professionale all'altro. Inventandomi alta professionalità ma in cambio di una magrissima elemosina annuale per non entrare nel limbo di quelli che ciondolano al bar o crepano lentamente dentro senza alzarsi dal letto. Me la sono sciroppata come migliaia di giovani sensibili e vogliosi di impegno, questa roba. Un limbo disperato color piombo, che mi ha regalato la colite cronica, sì la diarrea, Presidente. Chiamiamo le cose col loro nome: diarrea. Cronica. Anche ora che, a partire dai miei 35 anni (il Mezzo del cammin della vita di un Dante Alighieri), ho la fortuna immensa di avere un'entrata fissa e "son contento". Per me l'ascesa all'Empireo è stato l'impiego. La mia Commedia personale. Dopo questo Inferno. Però, Presidente, di dantesco per quei giorni felici, assecondati dalle leggi firmate e controfirmate da Presidenza della Repubblica e Parlamento, mi è rimasto a contrappasso della dignità ritrovata, un piccolo ricordino infernale: un riservato, laghetto di escrementi permanente. Lasciando stare il fatto che non ho mai pensato di permettermi dei figli, se non da ora (ho 39 anni, classe del '72, secolo scorso, mia moglie pure). Si legga, se ne ha modo, Presidente, fra le tante, il libro di Aldo Nove Mi chiamo Roberta, ho 40 anni e guadagno 250 euro al mese, o si faccia un giro su http://www.anagrafeprecari.it/ per vedere i giovani, la maggioranza, che ancora scontano se han fortuna i gironi e le bolge del non-lavoro. La garrota dei Cocopro... degli atipici. Insomma, La parte peggiore del paese, Presidente, così la vostra politica li chiama, costoro. La parte peggiore. Di tal parte io ne feci parte. Per dieci anni. Una deprimente Iliade dei tempi moderni. La versione ingloriosa e trucida della guerra di Troia, legalizzata ad arte dai giuslavoristi. E basta.
Lei parla di "grandi riserve, di risorse umane e morali, di intelligenza e di lavoro di cui disponiamo". Io parlo, per le ragioni di cui sopra, di un paese e una politica che hanno assassinato il futuro dei giovani, costringendo i migliori di loro a fuggire all'estero, roba che le problematiche situazioni sociali e lavorative estere, che fanno dire ai nostri omologhi stranieri, europei e non, "che non c'è lavoro", fanno dire a questi miei amici emigrati che quei paesi, con tutti i loro problemi, gli sembrano comunque un Bengodi di opportunità, paragonati alla palude italica. Parlo di un paese e di una classe dirigente che stanno strangolando i pensionati e ridurli a fare da ammortizzatore sociale, per dare o acquistare un tetto a figli e nipoti che sono rimasti. Il libero mercato immobiliare e degli affitti. Mai sazio di forche e strangolamenti. Ce ne sarebbe una da aprire di porte sullo strazio e sui patiboli... Presidente, io dico che le risorse finiscono presto quando si strozzano tutti gli altri per regalare alla politica gli stipendi che prende e la possibilità di percepire vitalizi e pensioni dopo un pugno di mesi. Mentre nel frattempo si alza l'asticella per i poveri gonzi. E basta.
Lei parla di "coraggio e lungimiranza (...) della speranza della volontà dell'impegno", non chieda coraggio a chi è stato scientemente allevato a scoraggiarsi da decenni di questo andazzo, non chieda lungimiranza a chi è stato cacciato volutamente nel ghetto nero dell'impotenza e della rassegnazione, di faccia al muro del nulla. Non chieda impegno e volontà ai troppi che, per arricchire i pochi, sono stati sistematicamente defraudati delle condizioni minime per abbozzare un sorriso e pensare al futuro. Lei parla di "spirito di sacrificio e di massimo slancio creativo e innovativo" Non chieda questo, quando burocrazia, istituzioni, fisco e "buonsenso civico" sono stati per decenni la morte di ogni slancio, la bara gelida della creatività, la condanna di ogni rinnovamento. Lei parla di "ricostruzione e cambiamento" quando queste parole sono state giurate e spergiurate ogni dannato mese dalla classe politica, fino alla più radicale, ricostruita e rinnovata nausea, perché ogni mese successivo è stato fatto di tutto per impedire ogni ricostruzione di solidarietà, libertà, autonomia, con metodo e coerenza disumani. E basta.
Lei parla, ed è secondo me la cosa più grave, decisiva e seria del Suo intervento, dell'eventualità di "forze di maggioranza e di governo dominate dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea". Se la Sua valutazione risponde a verità, e non fosse, come temo sia, la riduzione in domanda retorica e minimizzazione in termini di linguaggio istituzionale di responsabilità enormi, colossali e reiterate nel tempo, Le chiedo, Presidente, che ruolo abbia mai ricoperto Lei in tutti questi anni quando leggi, provvedimenti e decreti di questo governo sono stati metodicamente avallati, accettati e controfirmati dalla Presidenza della Repubblica, con correttivi minimi e meramente di facciata, correttivi che, alla prova dei fatti, se mai introdotti, sono stati inefficaci poiché siamo giunti evidentemente a questo punto. Le chiedo questo e basta, Presidente Napolitano. Le chiedo se un qualunque Sandro Pertini, Suo predecessore, si sarebbe posto nello stesso modo di fronte a questa "propaganda", parole Sue. E basta.
del resto, tralasciando il ruolo del Governo e della Presidenza nelle missioni estere, per esempio l'attacco Nato alla Libia, paese con cui questo stesso Governo, che ora suona incoerentemente le trombe di guerra, aveva stretto un patto di reciproco riconoscimento, stima, onore e ausilio reciproco, un Patto di Amicizia, Presidente, non noccioline! Con quel Gheddafi il quale è chiamato tiranno e boia dalle stesse autorità e istituzioni che lo hanno riverito e accolto pochi mesi addietro come un principe a Roma.
Lei era presente, mi pare.
presidente, basta!
Tutto ciò tralasciando pure, ma non dovrei, il resto delle missioni di guerra in cui l'Italia - ex articolo 11 Cost. pare - si trova invischiata con rara devozione...
Le chiedo ora, Presidente Napolitano, se non sia il caso di dimettersi. Di dare seguito a un onesto: basta! Per coerenza.
Penso ed esercito tale diritto di critica e tale richiesta come cittadino, proprio sulla base di queste considerazioni e sulla scorta della Sua pur dubitativa e forse retorica questione della "propaganda" governativa; credo che Lei non abbia la scorta necessaria per dire quel che ha detto al meeting di CL, pensandoLa comunque, me ne dispiaccio io per primo e con il massimo rispetto, come uno dei peggiori e più silenti Presidenti della nostra storia repubblicana a fronte di tutte queste storture e monumentali incoerenze del sistema politico. Ho l'opinione che sia troppo tardi per suonare la campana, e dire, anzi denunciare, quel che ha detto. Cose che contrastano, a mio personale parere, drammaticamente con la più elementare evidenza. Con la più semplice e dovuta coerenza.
Presidente, basta!
P.S: A riprova di quanto affermo le mostro come la questione libica e la piega che sta prendendo denunciano le reali ragioni di tanto intervento umanitario. Si fregano le mani, perché stanno per allungarle su quello che appartiene al popolo libico.
lunedì 22 agosto 2011
Non c'è alcuna crisi
Un contadino ha un campo di grano e produce pasta e pane. Un secondo contadino ha un frutteto. Un allevatore ha un gregge di pecore e produce latte e formaggi. Un artigiano realizza mobili in legno, un altro fila la lana e tesse indumenti.
Quello che ha il pane ne scambia una parte con il formaggio dell’allevatore e con i maglioni del secondo artigiano. Quello che ha la frutta ne scambia un po’ con un tavolo e quattro sedie, e con qualche chilo di pasta. Ognuno produce qualcosa e tutti insieme hanno le cose essenziali per vivere. La natura, del resto, nel medio termine si può considerare prevedibile: se un anno c’è meno frutta, l’anno dopo ce ne sarà di più.
Arriva uno speculatore che, promettendo di scambiare nuovi beni, si prende un po’ di pane, un po’ di frutta, un po’ di latte e un po’ di formaggio. Non restandone più a sufficienza per tutti, scambia quello che ha preso con chi ne ha bisogno ma, data la scarsità di beni che ne deriva, pretende da ciascuno un corrispettivo maggiore di indumenti, di sedie, di pane, di formaggio… Se l’allevatore, mettiamo, non riesce a far fronte alle richieste, perché non dispone di risorse sufficienti a coprire l’aumento artificiale del fabbisogno, lo speculatore gli concede lo stesso il pane e tutto il resto, ma lo impegna a versare l’ammanco ipotecando il formaggio che non è ancora stato prodotto. Lo indebita.
Arriva un secondo speculatore e si prende la restante parte della produzione locale. I contadini, gli artigiani e l’allevatore accettano, perché hanno bisogno di compensare la carestia indotta, cercando di produrre di più e di entrare subito in possesso di ciò che viene improvvisamente loro a mancare.
A questo punto, tutti i beni disponibili sono nelle mani dei due speculatori, i quali sono liberi di decidere come, a chi e per quanto scambiarli. Fanno i prezzi, esigono sempre di più e indebitano progressivamente i contadini, gli artigiani e l’allevatore che ora non producono più per vivere, ma vivono per produrre una quantità sufficiente, sempre maggiore, di cibo e di beni, che possa soddisfare le richieste degli speculatori.
Con l’arrivo di un terzo speculatore, proveniente da terre lontane, che a sua volta ha indebitato altri artigiani, altri allevatori e altri contadini, i tre iniziano a riunirsi periodicamente per scambiarsi i debiti dei produttori, scommettendo sulla loro capacità di ripagarli con perseveranza, senza morire di inedia. Senza fallire.
Quando gli speculatori, tra di loro, esagerano con le speculazioni, scommettendo sulla capacità di ripianare il debito di un allevatore che muore di infarto, per esempio a causa dell’eccessivo lavoro, perdono parte dei loro crediti, che poi sono i debiti di chi produce i beni reali. Così dichiarano ufficialmente l’apertura della crisi. Lo stato di crisi, dicono, richiede ai contadini di produrre più grano e più frutta, agli allevatori di produrre più latte, agli artigiani di fabbricare più tavoli e più indumenti e così via. Altrimenti verrà loro richiesto di saldare i loro debiti immediatamente, e poiché è chiaro che non possono farlo, le loro fattorie verranno espropriate, i loro allevamenti confiscati e moriranno di fame.
Ma la crisi non è dei contadini, che continuano a produrre il grano e la frutta che producevano all’inizio. Non è degli allevatori, che hanno sempre lo stesso numero di pecore, anzi di più, e dunque producono la stessa quantità di formaggi e di latte. Non è di chi fabbrica i mobili sempre alla stessa maniera, né di chi tesse indumenti esattamente come faceva una volta. No: sono gli speculatori ad essere in crisi, non i produttori. E’ il loro meccanismo di inflazione programmata dei prezzi per i beni di prima necessità ad essersi gonfiato fino ad esplodere. La loro ingordigia, il loro universo artificiale, il mondo parallelo e immaginario che hanno costruito accanto a quello reale: è tutto e solo questo ad essere andato in crisi.
Finì che i contadini, gli allevatori e gli artigiani mandarono affanculo gli speculatori e ricominciarono a scambiarsi il pane, il latte, il formaggio, i mobili e i vestiti tra di loro, lasciando gli speculatori al loro meritato destino.
tratto da www.byoblu.com
Quello che ha il pane ne scambia una parte con il formaggio dell’allevatore e con i maglioni del secondo artigiano. Quello che ha la frutta ne scambia un po’ con un tavolo e quattro sedie, e con qualche chilo di pasta. Ognuno produce qualcosa e tutti insieme hanno le cose essenziali per vivere. La natura, del resto, nel medio termine si può considerare prevedibile: se un anno c’è meno frutta, l’anno dopo ce ne sarà di più.
Arriva uno speculatore che, promettendo di scambiare nuovi beni, si prende un po’ di pane, un po’ di frutta, un po’ di latte e un po’ di formaggio. Non restandone più a sufficienza per tutti, scambia quello che ha preso con chi ne ha bisogno ma, data la scarsità di beni che ne deriva, pretende da ciascuno un corrispettivo maggiore di indumenti, di sedie, di pane, di formaggio… Se l’allevatore, mettiamo, non riesce a far fronte alle richieste, perché non dispone di risorse sufficienti a coprire l’aumento artificiale del fabbisogno, lo speculatore gli concede lo stesso il pane e tutto il resto, ma lo impegna a versare l’ammanco ipotecando il formaggio che non è ancora stato prodotto. Lo indebita.
Arriva un secondo speculatore e si prende la restante parte della produzione locale. I contadini, gli artigiani e l’allevatore accettano, perché hanno bisogno di compensare la carestia indotta, cercando di produrre di più e di entrare subito in possesso di ciò che viene improvvisamente loro a mancare.
A questo punto, tutti i beni disponibili sono nelle mani dei due speculatori, i quali sono liberi di decidere come, a chi e per quanto scambiarli. Fanno i prezzi, esigono sempre di più e indebitano progressivamente i contadini, gli artigiani e l’allevatore che ora non producono più per vivere, ma vivono per produrre una quantità sufficiente, sempre maggiore, di cibo e di beni, che possa soddisfare le richieste degli speculatori.
Con l’arrivo di un terzo speculatore, proveniente da terre lontane, che a sua volta ha indebitato altri artigiani, altri allevatori e altri contadini, i tre iniziano a riunirsi periodicamente per scambiarsi i debiti dei produttori, scommettendo sulla loro capacità di ripagarli con perseveranza, senza morire di inedia. Senza fallire.
Quando gli speculatori, tra di loro, esagerano con le speculazioni, scommettendo sulla capacità di ripianare il debito di un allevatore che muore di infarto, per esempio a causa dell’eccessivo lavoro, perdono parte dei loro crediti, che poi sono i debiti di chi produce i beni reali. Così dichiarano ufficialmente l’apertura della crisi. Lo stato di crisi, dicono, richiede ai contadini di produrre più grano e più frutta, agli allevatori di produrre più latte, agli artigiani di fabbricare più tavoli e più indumenti e così via. Altrimenti verrà loro richiesto di saldare i loro debiti immediatamente, e poiché è chiaro che non possono farlo, le loro fattorie verranno espropriate, i loro allevamenti confiscati e moriranno di fame.
Ma la crisi non è dei contadini, che continuano a produrre il grano e la frutta che producevano all’inizio. Non è degli allevatori, che hanno sempre lo stesso numero di pecore, anzi di più, e dunque producono la stessa quantità di formaggi e di latte. Non è di chi fabbrica i mobili sempre alla stessa maniera, né di chi tesse indumenti esattamente come faceva una volta. No: sono gli speculatori ad essere in crisi, non i produttori. E’ il loro meccanismo di inflazione programmata dei prezzi per i beni di prima necessità ad essersi gonfiato fino ad esplodere. La loro ingordigia, il loro universo artificiale, il mondo parallelo e immaginario che hanno costruito accanto a quello reale: è tutto e solo questo ad essere andato in crisi.
Finì che i contadini, gli allevatori e gli artigiani mandarono affanculo gli speculatori e ricominciarono a scambiarsi il pane, il latte, il formaggio, i mobili e i vestiti tra di loro, lasciando gli speculatori al loro meritato destino.
tratto da www.byoblu.com
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