Incontro con il regista Peter Marcias, alle ore 20.00 in Viale Colombo 2 a Cagliari, nella sala Sapori di Sardegna, a cura dell'associazione "Riprendiamoci la Sardegna".
Il regista è attualmente impegnato nella realizzazione del suo nuovo film e coinvolgerà la nostra associazione alla ricerca di comparse e attori.
ASSOCIAZIONE CULTURALE APARTITICA O.N.L.U.S.
ORGANIZZAZIONE NON LUCRATIVA DI UTILITA' SOCIALE
PER RIAPPROPRIARCI DELLA NOSTRA IDENTITA', E PERCHE' LA SARDEGNA ABBIA IL RUOLO CHE LE COMPETE, PROPONIAMO E ORGANIZZIAMO INCONTRI PER : | |||||||||||
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sabato 26 novembre 2011
giovedì 17 novembre 2011
Eventi
Appuntamenti dell'Associazione:
Venerdì 18, ore 20.00, al Teatro di Sinnai, 20° compleanno di "Effimero Meraviglioso".
Spettacolo, buffet gratuito e intrattenimento per festeggiare tutti insieme il raggiungimento di questo importante traguardo.
I soci di "Riprendiamoci la Sardegna" sono invitati ad intervenire.
Sabato 19, ore 18.00, a Caglisri, presso il chiostro di San Francesco di Stampace, nel Corso Vittorio Emanuele 56, (Ristorante Re Artù), presentazione in anteprima del libro di Pierluigi Montalbano: "Antichi Popoli del Mediterraneo". Saranno presenti l'autore e l'editore (Capone - Lecce).
Lunedì 21, ore 20.00, a Cagliari nella sede Sapori di Sardegna, Viale Colombo 2, l'Associazione Riprendiamoci la Sardegna ha organizzato un incontro con lo scrittore Antonello Usai che presenterà, e regalerà ai presenti, il libro: "Platone e le Colonne d'Ercole". Un approfondito studio sugli autori antichi suggerisce il posizionamento esatto delle Colonne, aprendo una strada sull'interpretazione degli scritti di Platone.
Venerdì 18, ore 20.00, al Teatro di Sinnai, 20° compleanno di "Effimero Meraviglioso".
Spettacolo, buffet gratuito e intrattenimento per festeggiare tutti insieme il raggiungimento di questo importante traguardo.
I soci di "Riprendiamoci la Sardegna" sono invitati ad intervenire.
Sabato 19, ore 18.00, a Caglisri, presso il chiostro di San Francesco di Stampace, nel Corso Vittorio Emanuele 56, (Ristorante Re Artù), presentazione in anteprima del libro di Pierluigi Montalbano: "Antichi Popoli del Mediterraneo". Saranno presenti l'autore e l'editore (Capone - Lecce).
Lunedì 21, ore 20.00, a Cagliari nella sede Sapori di Sardegna, Viale Colombo 2, l'Associazione Riprendiamoci la Sardegna ha organizzato un incontro con lo scrittore Antonello Usai che presenterà, e regalerà ai presenti, il libro: "Platone e le Colonne d'Ercole". Un approfondito studio sugli autori antichi suggerisce il posizionamento esatto delle Colonne, aprendo una strada sull'interpretazione degli scritti di Platone.
domenica 13 novembre 2011
Appuntamenti culturali
Lunedì 21 Novembre, alle ore 20.00, presso la sala Sapori di Sardegna in Viale Colombo a Cagliari, l'associazione Riprendiamoci la Sardegna ospiterà il relatore Antonello Usai che presenterà, con l'ausilio di immagini proiettate, l'argomento: "Le Colonne d'Ercole"
venerdì 4 novembre 2011
Lunedì 7 appuntamento in Associazione
Lunedì 7 Novembre, alle ore 20.00, presso la sala Sapori di Sardegna in Viale Colombo a Cagliari, l'associazione Riprendiamoci la Sardegna ospiterà il relatore M.Fenu che presenterà la legge di iniziativa popolare per la conservazione e valorizzazione dei prodotti sardi.
giovedì 3 novembre 2011
Presentazione libro a Cagliari
Sabato 19 Novembre a Cagliari, presso il Chiostro di San Francesco di Stampace, sarà presentato in anteprima nazionale il nuovo libro di Pierluigi Montalbano: "Antichi Popoli del Mediterraneo".
Il nuovo lavoro dello scrittore, pubblicato da Capone Editore - Lecce - sarà in distribuzione nelle librerie italiane a partire dal mese di Novembre 2011 (costo 12 Euro).
La serata sarà introdotta dall'architetto Edoardo di Siena che presenterà una relazione sul chiostro di San Francesco. La chiesa fu edificata alla fine del 1200 dai frati Francescani conventuali.
Un fulmine, il 1/11/1871, e diverse vicissitudini ne determinarono la distruzione.
Secondo la tradizione, Violante Carroz, contessa di Quirra (1456 - 1510), fu sepolta all’angolo sinistro, fuori dalla chiesa in un’arca in pietra col suo stemma scolpito. Questa ricca e potente Signora del secolo XV aveva fatto trucidare il suo cappellano nella valle di Ales, suo feudo, dove a sue spese eresse la bella cattedrale.
Il malcapitato si rifiutava di sciogliere il terzo matrimonio della contessa. Per fare penitenza del suo fallo si ritirò in una piccola cella nell’ingresso a destra del chiostro dove morì umile e penitente, ordinando nel suo testamento che fosse seppellita fuori di chiesa.
Il locale nel quale sarà presentato il libro, salvato dalla demolizione, faceva parte del chiostro e del convento che affiancava la chiesa. Le immagini saranno proiettate proprio in questa celletta.
Sunto del libro:
Il mare, fin dall’alba dei tempi, rappresenta una risorsa vitale per l’umanità. Le più floride civiltà si svilupparono in prossimità delle coste, laddove le risorse ittiche ampliavano la scelta dei prodotti commestibili e le foci dei grandi fiumi regalavano acqua dolce, terreni fertili e possibilità di trasporto su zattere.
Circa 15.000 anni fa lo scioglimento dei ghiacci provocò l’innalzamento del livello del mare di 150 metri costringendo l’uomo ad abbandonare le zone precedentemente occupate e sfruttate; uomo che, allo stesso tempo, affrontava la necessità di un rinnovamento delle tecniche di caccia, dovendo adattarsi all’estinzione dei grandi animali conseguente ad un profondo cambiamento climatico.
Sfruttando le conoscenze nautiche, acquisite in millenni di navigazione sottocosta, i più audaci si spinsero verso luoghi con clima mite, approdando in quei territori dove l’agricoltura poteva diffondersi.
In mancanza di testi scritti, le testimonianze archeologiche portate alla luce lasciano molti dubbi sull’origine dell’uomo neolitico. Conosciamo il suo “stile di vita” ma non riusciamo a capire a fondo i meccanismi che hanno comportato il più grande salto evolutivo della storia dell’uomo.
Uno degli indizi più efficaci per capire l’evoluzione degli antichi popoli del Mediterraneo è costituito dalle rotte navali dell’ossidiana, percorse almeno dal 10.000 a.C.
La capacità di addomesticare piante e animali, il culto dei defunti, le tracce architettoniche e la religiosità basata sulla Dea Madre arricchiscono il quadro d’indagine di questo lavoro,
Curiosamente, la civiltà più evoluta della storia marinara, la minoica, non aveva necessità di costruire fortezze difensive per proteggere i porti: i minoici dominavano il mare e nessuno osava aggredirli. Solo una catastrofe naturale, l’eruzione del vulcano Santorini, che colpì il centro nevralgico del loro impero, oscurò quella stella.
Il libro si chiude con un approfondimento su una delle più antiche e misteriose civiltà occidentali, quella nuragica. Porti e approdi della Sardegna, sono descritti minuziosamente, così da proporre al lettore un esempio di civiltà costiera dell’epoca, capace di edificare oltre 8000 torri per il controllo del territorio e per altre funzioni.
Al termine della serata sarà possibile cenare nella sala del chiostro al costo di 15 Euro. Sarà preparato un menù di epoca nuragica. Si consiglia di prenotare con qualche giorno di anticipo in quanto i posti sono limitati.
sabato 22 ottobre 2011
Appuntamento culturale con l'Associaziuone "Riprendiamoci la Sardegna"
Lunedì sera, alle ore 20.00, presso la sala Sapori di Sardegna in Viale Colombo, Maria Assunta Calvisi presenterà la stagione di prosa del Teatro di Sinnai, curata dall'organizzazione "Effimero Meraviglioso". Saranno presenti alcuni attori del cast di varie opere che si esibiranno in brevi brani contenuti nel programma della stagione.
L'isola d'Elba vuole passare alla Sardegna.
La provocazione dell'Isola d'Elba: "Non ci resta che passare con la Sardegna"
Livorno, 21 ottobre 2011 - «LA TOSCANA non ci considera. Perchè allora non chiediamo l’annessione alla Sardegna?». La proposta, provocatoria per quanto si voglia, ma in teoria di possibile attuazione se si fa riferimento alla Costituzione, viene dall’ associazione «Il faro-Nuovo Progetto per Campo» che alle ultime elezioni amministrative ha sostenuto la lista vincete del sindaco Vanno Segnini.
«Risulta estremamente semplice – sostiene l’associazione - far osservare le molteplici disattenzioni della Regione verso tutto l’Arcipelago Toscano. Tra le più importanti e ben note citiamo: sanità, risorse idriche e traghetti con monopolio e con la continuità territoriale che deve essere non solo aerea ma anche e soprattutto navale, perfetta sconosciuta. La Sardegna, regione a statuto speciale che subisce in dimensioni maggiori, quello che subiamo anche noi, solo perché abitanti di un’isola, si batte invece per difendere e dare la possibilità ai suoi residenti e alle sue imprese il diritto alla mobilità e alla libertà delle stesse ad accedere ai mercati extraterritoriali, con la continuità territoriale come strumento per il superamento della condizione di insularità. La nostra posizione geografica e la nostra condizione di insularità possomo permettere di valutare la grande opportunità di richiedere l’annessione proprio alla Sardegna. L’articolo 132 della Costituzione della Repubblica, lo prevede in quanto recita «Si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni …del Comune o dei Comuni interessati, espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che … Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un’altra»
L’ASSOCIAZIONE il Faro – Nuovo Progetto per Campo lancia sa sua proposta. «L’annessione – sono le sue conclusioni - potrebbe essere oggetto di referendum popolare dei residenti degli 8 comuni elbani e perché no anche di Capraia e Giglio. Cosa che è già stata fatta nei comuni veneti del Bellunese per l’annessione al Trentino Alto Adige. Una scelta che potrebbe riattivare quell’identità oramai perduta e che la Regione Toscana non ci riconosce più da tempo. Gli ultimi eventi sul problema Sanità ne danno conferma. La nostra amata isola, per il solo fatto di non esprimere alcun soggetto politico, non può difendere gli interessi di noi isolani che allo stato delle cose veniamo considerati cittadini di serie C».
Fonte: La Nazione
Livorno, 21 ottobre 2011 - «LA TOSCANA non ci considera. Perchè allora non chiediamo l’annessione alla Sardegna?». La proposta, provocatoria per quanto si voglia, ma in teoria di possibile attuazione se si fa riferimento alla Costituzione, viene dall’ associazione «Il faro-Nuovo Progetto per Campo» che alle ultime elezioni amministrative ha sostenuto la lista vincete del sindaco Vanno Segnini.
«Risulta estremamente semplice – sostiene l’associazione - far osservare le molteplici disattenzioni della Regione verso tutto l’Arcipelago Toscano. Tra le più importanti e ben note citiamo: sanità, risorse idriche e traghetti con monopolio e con la continuità territoriale che deve essere non solo aerea ma anche e soprattutto navale, perfetta sconosciuta. La Sardegna, regione a statuto speciale che subisce in dimensioni maggiori, quello che subiamo anche noi, solo perché abitanti di un’isola, si batte invece per difendere e dare la possibilità ai suoi residenti e alle sue imprese il diritto alla mobilità e alla libertà delle stesse ad accedere ai mercati extraterritoriali, con la continuità territoriale come strumento per il superamento della condizione di insularità. La nostra posizione geografica e la nostra condizione di insularità possomo permettere di valutare la grande opportunità di richiedere l’annessione proprio alla Sardegna. L’articolo 132 della Costituzione della Repubblica, lo prevede in quanto recita «Si può, con l’approvazione della maggioranza delle popolazioni …del Comune o dei Comuni interessati, espressa mediante referendum e con legge della Repubblica, sentiti i Consigli regionali, consentire che … Comuni, che ne facciano richiesta, siano staccati da una Regione e aggregati ad un’altra»
L’ASSOCIAZIONE il Faro – Nuovo Progetto per Campo lancia sa sua proposta. «L’annessione – sono le sue conclusioni - potrebbe essere oggetto di referendum popolare dei residenti degli 8 comuni elbani e perché no anche di Capraia e Giglio. Cosa che è già stata fatta nei comuni veneti del Bellunese per l’annessione al Trentino Alto Adige. Una scelta che potrebbe riattivare quell’identità oramai perduta e che la Regione Toscana non ci riconosce più da tempo. Gli ultimi eventi sul problema Sanità ne danno conferma. La nostra amata isola, per il solo fatto di non esprimere alcun soggetto politico, non può difendere gli interessi di noi isolani che allo stato delle cose veniamo considerati cittadini di serie C».
Fonte: La Nazione
mercoledì 12 ottobre 2011
Appuntamento Martedì 18 Ottobre.
Martedì 18 (anziché lunedì 17), appuntamento con l'Associazione Riprendiamoci la Sardegna. Parlerà il soprintendente lirico di Cagliari Gennaro Di Benedetto che presenterà la nuova stagione concertistica e la situazione dell'Ente Lirico. E' prevista la partecipazione del direttore di produzione Marco Maimeri. Ospite d'onore la grande violinista Anna Tifu. Ore 20.00 sala Sapori di Sardegna, in Viale Colombo.
lunedì 10 ottobre 2011
Convegno: "Il Santuario Nuragico di Santa Vittoria di Serri"
Convegno (4 giornate): “Il Santuario Nuragico di Santa Vittoria di Serri”
Cagliari, Giovedì 27 ottobre 2011
Aula Verde, Cittadella dei musei, Piazza Arsenale
ore 14:30, Registrazione partecipanti
ore 15:00, Saluto Autorità.
- Giovanni Melis (Magnifico Rettore Università di Cagliari)
- Ugo Cappellaci (presidente della Giunta Regione Sardegna)
- Mons. Giuseppe Mani, Presidente Conferenza Episcopale Sarda e Arcivescovo Diocesi di Cagliari
- Roberto Coroneo (Preside facoltà lettere e filosofia Università di Cagliari)
- Antonio Cadeddu (preside facoltà di scienze della formazione primaria)
- Ernestina Giudici (preside economia)
- Simonetta Angiolillo (direttore dipartimento di scienze archeologiche e storico artistiche dell’università di Cagliari)
- Graziano Milia (presidente Provincia di Cagliari)
- Massimo Zedda (sindaco di Cagliari)
- Samuele Antonio Gaviano (sindaco di Serri)
- Antonio Orgiana (presidente consorzio dei laghi)
- Eugenio Lai (presidente Comunità Montana)
- Marta Ecca (Assessore Politiche giovanili e Università della Provincia di Cagliari)
- Federico Porcedda (Presidente Associazione GB)
- Mario Floris (assessore agli affari generali della Regione Sardegna)
- Piero Comandini (assessore alle attività produttive e turismo della Provincia di Cagliari)
ore 16:00, Inizio lavori Moderatori: Moreno Pisano e Claudia Sarritzu
- Ciccilloni R. – Paglietti G. : Santa Vittoria di Serri: una storia degli studi
- Montalbano P. : Le rotonde nuragiche, governo e religiosità si incontrano
ore 17:00, Coffee break
- Trudu E. : Serri e Santa Vittoria in periodo Romano
- Nieddu F. :
ore 17:50, dimostrazioni gastronomiche di piatti tipici di Serri e possibilità di visitare il museo archeologico dove sono esposti i bronzetti rinvenuti nel santuario nuragico di Santa Vittoria
Sala Consiliare della Provincia di Cagliari,Palazzo Regio
ore 18:45, Concerto del Coro Polifonico Santa Lucia di Serri
Serri , Venerdì 28 ottobre
Agriturismo Villaggio Santa Vittoria, presso l’omonima area archeologica
ore 9:00, Registrazione partecipanti. Laboratorio di ceramica per i bambini delle scuole primarie, laboratorio di panificazione e visita al Santuario Nuragico di Santa Vittoria
ore 09:30, Inizio lavori. Moderatori: Moreno Pisano e Claudia Sarritzu
- Riassunto giornata precedente e saluti Sindaco di Serri Samuele Antonio Gaviano
- Vernier A. Paesaggio e ambiente della Sardegna centro meridionale
ore 10:30, Coffee break
- Baglivi G. : Il santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri: un originalissimo sistema templare – mercantile del mondo antico
- Palmas A. Sviluppo rurale, il caso del Sarcidano e della Barbagia di Seulo
ore 11:30, dimostrazioni e laboratorio di panificazione a cura del CAS Serri e delle massaie locali.
ore 12:30, Pausa pranzo (è possibile pranzare anche nei punti di ristoro presenti all’interno del centro abitato)
ore 14:45, visita al Santuario Nuragico di Santa Vittoria
Serri Sabato 29 ottobre
Agriturismo Villaggio Santa Vittoria, presso l’omonima area archeologica
ore 9:00, Registrazione partecipanti. Laboratorio di simulazione di scavo archeologico per i bambini dai 6 ai 13 anni.
ore 09:30, Inizio Lavori. Moderatori: Moreno Pisano e Claudia Sarritzu
- Orgiana A. : Lo sviluppo turistico del territorio tramite il Consorzio del Laghi
- Serreli G.:
- Gola E. : Turismo e cultura: la nuova sfida della comunicazione territoriale
- Spano A. : Analisi economica aziendale sulla gestione del sito archeologico
ore 10:30, Coffee break
- Concas R. : Il museo, dalla cultura dei contenuti alla cultura dello sviluppo sostenibile.
- Ghiani S. : "Il ruolo degli Enti locali nella gestione del patrimonio culturale"
- Spano A. : Analisi macro, relativa all’impatto del Sito sull’economia del territorio locale e regionale.
ore 12:15, Chiusura lavori
ore 12:40, Pausa pranzo
ore 14:45, Tra le vie del centro storico: manifestazione Gennas Obertas con mostre, dimostrazioni, presentazione libri, musica tradizionale, con la partecipazione del CAS Serri.
Si possono visitare: Monte Granatico, Chiese, Centro di Aggregazione Sociale con mostre, laboratorio Gastronomico Fam. Pirisi sita in via Santa Vittoria 62.
Le mostre sono: mostra fotografica “Cerrendi Arregodusu” a cura dell’Associazione “Giovani Bronzetti” e "L'eredità del Sarcidano e della Barbagia di Seulo", e la Mostra bibliografica: “l'archeologia nelle biblioteche del Sarcidano- Barbagia di Seulo" a cura del sistema bibliotecario Sarcidano- Barbagia di Seulo
ore 16:00, presso il Montegranatico presentazione libro di Pierluigi Montalbano "Signori del mare e del metallo", Interviene Franco Contu, Assessore alla Cultura del Comune di Serri
Domenica, 30 ottobre
Area fieristica di Santa Lucia (incrocio S.S 128 – S.S 198)
Dalle ore 9:00 alle ore 13:00, Mercato dei Produttori
Ingresso libero.
I miei interventi saranno Giovedì pomeriggio alle 16.00 all'Aula Verde della Cittadella dei Musei di Cagliari, e Sabato pomeriggio alle 16.00 nell'area archeologica di Santa Vittoria di Serri. Siete tutti invitati
link di riferimento: http://www.serri2011.it/
venerdì 7 ottobre 2011
Riprende l'attività dell'Associazione.
Dopo la lunga pausa estiva l'Associazione "Riprendiamoci La Sardegna" riprende l'attività lunedì 10 Ottobre alle 20.00, nella sala di Viale Colombo, con una serata dedicata all'elezione dei tre Provibiri e dei tre revisori dei conti. Al termine della votazione è previsto un incontro con il tragediografo Filippo Martinez, regista della serie tv "Sgarbi Quotidiani"
Allego un video che illustra le sue capacità dialettiche.
Allego un video che illustra le sue capacità dialettiche.
lunedì 3 ottobre 2011
2 Ottobre 2011 - Escursione a Sardara
...quando le immagini parlano più delle parole...
Ringrazio la guida mineraria, Ing. Massimo Scanu, l'organizzazione Sentieri Alternativi che ha preparato il momento conviviale, la guida del museo archeologico che ha condotto il gruppo anche al villaggio nuragico e al pozzo sacro di Sant'Anastasia e, naturalmente, ringrazio tutti i partecipanti.
Nei prossimi giorni inserirò un video della manifestazione realizzato dall'amico Giancarlo Musante.
Altre 60 immagini sono state inserite nel profilo facebook.
mercoledì 28 settembre 2011
Viaggio nella Storia - Sardara - Castello, miniere, villaggio nuragico, museo e pozzo sacro.
Riprende l'attività esterna dell'Associazione "Riprendiamoci la Sardegna".
Dopo la pausa estiva, il consiglio direttivo della nostra associazione si è riunito e ha programmato la nuova stagione culturale, fissando l'inizio degli incontri per Lunedì 10 Ottobre 2011. In attesa di brindare insieme nella sede di Cagliari, siamo lieti di annunciare che Domenica 2 Ottobre, a Sardara, partirà la 5° edizione consecutiva della rassegna "Viaggio nella Storia", curata da Pierluigi Montalbano.
Questo primo appuntamento esterno prevede un itinerario che, partendo dalla Chiesa S.M.Acquas, si snoderà in pieno Campidano, su un antico isolotto roccioso nel quale si erge il Castello di Monreale.
Visiteremo le antiche miniere di fluoro, di ferro e di piombo. (per info: www.minieredisardegna.it - miniere - Sardegna centrale - miniere di Sardara).
Il trekking ci porterà alla scoperta di questi luoghi dimenticati (circa 5 km di percorso in due ore). Consigliamo un abbigliamento comodo e una bottiglia d’acqua.
La mattinata è organizzata dall'Associazione Sentieri Alternativi in collaborazione con Minieredisardegna.it, Proloco-Sardara e Comune di Sardara.
Ritrovo: ore 9:15, fronte Chiesa di S.M. Acquas. Partenza: ore 9:30 Accompagnatore: Ing. Massimo Scanu
Alle 13.00, presso chiesa di Santa Maria Acquas, ci sarà il pranzo con menù da 12 Euro composto da antipasto di terra, primo, secondo di carne, frutta, bibite.
Nel pomeriggio, alle 16.00, visiteremo il villaggio nuragico di Santa Anastasia con l'annesso pozzo sacro, e alle 17.00 il museo archeologico. (il biglietto cumulativo scontato per gruppi è fissato a 2.60 Euro).
Per informazioni e prenotazioni inviate una mail o telefonate ai numeri in locandina.
Il santuario, uno dei più importanti della Sardegna nuragica, ha come fulcro il tempio a pozzo realizzato con blocchi di basalto e calcare e orientato in direzione N-E/S-O. È costituito da un atrio con sedili parzialmente lastricato, da una scala di 12 gradini protetta da uno stretto corridoio, da una copertura degradante e da una camera circolare con copertura a "tholos". La vena sorgiva, convogliata in un cunicolo lungo 5-6 m, scaturiva da un'apertura munita di architrave alla base della camera del pozzo, nel lato opposto alla scala.
Il tempio, datato al tardo Bronzo (XIII-XII a.C.), è inserito in un articolato insediamento a carattere civile e religioso ancora in fase di scavo. Esso comprende, a circa m 10 a S dal primo pozzo, un secondo pozzo sacro, in opera isodoma, del quale alcuni conci - ornati con motivi incisi e a sbalzo o a bozze mammillari in rilievo, uno in forma di protome taurina - sono murati nella facciata della chiesa di Sant'Anastasia.
Gli scavi hanno inoltre messo in luce il tratto di un grande recinto ad andamento curvilineo, simile al "recinto delle feste" del santuario nuragico di Serri, fiancheggiato da un bancone di lastre di scisto, probabilmente collegabile con un porticato.
All'interno del recinto si individuano i resti di diverse capanne. Una di queste, la "capanna 5", dotata di un bancone-sedile e di due grandi nicchie rettangolari, presentava al centro una colonnina in arenaria sormontata da due dischi che fungeva da supporto di un altare a forma di torre nuragica. Presso l'ingresso, una fossa rettangolare scavata nel bancone roccioso conteneva un orcio ricolmo di manufatti in bronzo, tra cui strumenti da fonditore per attività artigianali e materiale frammentario destinato ad essere rifuso. Accanto all'orcio furono trovati tre bellissimi bacili di bronzo.
La capanna, probabilmente una "sala delle riunioni" per i capi del villaggio, fu realizzata alla fine del Bronzo finale (fine XI-X a.C.), mentre i materiali del ripostiglio vi furono nascosti tra la fine dell'VIII a.C. e l'inizio del VII a.C.
Presso la soglia della "capanna 1", anch'essa del Bronzo finale, fu invece rinvenuto uno scodellone fittile contenente lingotti del tipo "ox-hide", deposto nell'età del Ferro.
Il rinvenimento di matrici di fusione in terracotta nell'area esterna alla "capanna 4" testimonia la produzione sul posto di manufatti metallici.
All'interno della chiesa è invece presente un pozzo nuragico d'uso, inserito originariamente in una capanna del villaggio, che ha restituito materiali databili tra il Bronzo finale e il VII a.C.
L'utilizzazione dell'area per finalità religiose è dunque persistita dopo i tempi nuragici, come documentano la ceramica punica rinvenuta negli scavi e i resti dell'edificio bizantino (intitolato a Santa Anastasia) sottostante alla chiesa oggi visibile e risalente al XV secolo.
I reperti di Sant'Anastasia sono esposti preso il Museo civico di Sardara "Villa Abbas" e presso il Museo archeologico nazionale di Cagliari.
L'immagine del pozzo di Sant'Anastasia è di www.sardegnacultura.it
martedì 27 settembre 2011
Libia...il grande inganno.
La Libia e la grande bugia: usare le organizzazioni umanitarie per lanciare le guerre
La guerra contro la Libia è costruita sull’inganno. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha approvato due risoluzioni contro la Libia, sulla base di accuse non provate, in particolare che il colonnello Muammar Gheddafi avesse ucciso il proprio popolo a Bengasi. L’affermazione nella sua forma esatta è che Gheddafi aveva ordinato alle forze libiche di uccidere 6.000 persone a Bengasi. Tali affermazioni sono state ampiamente diffuse, ma sempre vagamente spiegate. Fu sulla base di questa affermazione che la Libia è stata deferita al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, al Palazzo di Vetro di New York, e cacciata dal Consiglio sui diritti umani delle Nazioni Unite, a Ginevra.
Affermazioni false sugli eserciti mercenari africani in Libia e sugli attacchi di aerei a reazione contro i civili, sono state utilizzate anche in una vasta campagna mediatica contro la Libia. Queste due affermazioni sono state messe da parte e sono diventate sempre più torbide. Le rivendicazioni sui massacri, tuttavia, sono state utilizzate in un quadro giuridico, diplomatico e militare per giustificare la guerra della NATO ai libici.
Utilizzare i diritti umani come pretesto per la guerra: La LLHR e le sue accuse non provate
Una delle fonti principali sull’affermazione che Gheddafi stesse uccidendo il suo stesso popolo, è la Lega Libica per i Diritti Umani (LLHR). La LLHR è stata, in realtà, fondamentale per coinvolgere le Nazioni Unite attraverso le sue accuse specifiche a Ginevra. Il 21 febbraio 2011, la LLHR ha ottenuto che altre 70 organizzazioni non governative (ONG) inviassero delle lettere al presidente Obama, all’Alto Rappresentante dell’UE Catherine Ashton, e al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban-Ki Moon, che chiedevano un intervento internazionale contro la Libia, invocando la dottrina della “Responsabilità a proteggere”. Solo 25 membri di questa coalizione hanno effettivamente affermato di essere dei gruppi umanitari.
La lettera è la seguente:
Noi sottoscritte organizzazioni non governative, dei diritti umani e umanitarie, vi esortiamo a mobilitare le Nazioni Unite e la comunità internazionale e a intraprendere un’azione immediata per fermare le atrocità di massa, ora perpetrate dal governo libico contro il proprio popolo. Il silenzio imperdonabile non può continuare.
Come sapete, nei giorni scorsi, si stima che le forze del colonnello Muammar Gheddafi abbiano deliberatamente ucciso centinaia di manifestanti pacifici e spettatori innocenti in tutto il paese. Nella sola città di Bengasi, un medico ha riferito di aver visto almeno 200 cadaveri. Testimoni riferiscono che un insieme di unità speciali, mercenari stranieri e fedelissimi del regime hanno attaccato i manifestanti con coltelli, fucili d’assalto e armi di grosso calibro.
I cecchini hanno sparato a manifestanti pacifici. L’artiglieria e gli elicotteri sono stati usati contro una folla di manifestanti. Teppisti armati di martelli e spade hanno attaccato le famiglie nelle loro case. Fonti ospedaliere riferiscono di numerose vittime colpite alla testa e al torace, e una colpita alla testa da un missile antiaereo. Carri armati sono segnalati essere per le strade, a schiacciare passanti innocenti. Testimoni riferiscono che mercenari stanno sparando indiscriminatamente da elicotteri e dai tetti. Donne e bambini sono stati visti saltare dal Ponte Giuliana, a Bengasi, per fuggire. Molti di loro sono stati uccisi nell’impatto con l’acqua, mentre altri ne furono inghiottiti. Il regime libico sta cercando di nascondere tutti questi crimini chiudendo i contatti con il mondo esterno. I giornalisti stranieri sono stati respinti. Internet e le linee telefoniche sono state tagliate o interrotto.
Non vi è dubbio qui sugli intenti. I media governativi hanno pubblicato aperte minacce, promettendo che i manifestanti avrebbero incontrato “una risposta violenta e fragorosa.”
Di conseguenza, il governo della Libia sta commettendo gravi e sistematiche violazioni del diritto alla vita, garantito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Cittadini che cercano di esercitare i propri diritti alla libertà di espressione e alla libertà di riunione vengono massacrati dal governo.
Inoltre, il governo della Libia sta commettendo crimini contro l’umanità, come definito dalla relazione illustrativa dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale. I massacri di civili innocenti del governo libico sono una quantità di reati particolarmente odiosi, che costituiscono un grave attacco alla dignità umana. Come confermato da numerose testimonianze orali e video, raccolte da organizzazioni dei diritti umani e dalle agenzie di stampa, l’assalto del governo libico alla sua popolazione civile non è un evento isolato o sporadico. Piuttosto, queste azioni costituiscono una politica diffusa e sistematica e la pratica delle atrocità, commesse intenzionalmente, tra cui omicidi, persecuzioni politiche e altri atti inumani che raggiungono la soglia dei crimini contro l’umanità.
Responsabilità a proteggere
Con il documento finale del World Summit 2005, si ha una responsabilità chiara e univoca a proteggere la popolazione della Libia. “La comunità internazionale, attraverso le Nazioni Unite, ha la responsabilità di un uso appropriato degli strumenti diplomatici, umanitari e altri pacifici, in conformità ai capitoli VI e VIII della Carta, per aiutare a proteggere la popolazione libica. Poiché le autorità libiche nazionali manifestamente non sono riuscire a proteggere la popolazione da crimini contro l’umanità, essendo inadeguati mezzi pacifici, gli Stati membri sono obbligati ad azioni collettive, in modo tempestivo e deciso, attraverso il Consiglio di sicurezza, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, compreso il capitolo VII.
Inoltre, vi esortiamo a convocare una sessione speciale d’emergenza del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, i cui membri hanno il dovere, sotto la risoluzione 60/251 dell’Assemblea generale dell’ONU, di affrontare le situazioni di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani. La sessione dovrebbe:
- Invitare l’Assemblea Generale a sospendere l’appartenenza al Consiglio della Libia, ai sensi dell’articolo 8 della risoluzione 60/251, che si applica agli Stati membri che commettono violazioni gravi e sistematiche ai diritti umani.
- Condannare con forza, e chiedere la fine immediata del massacro dei propri cittadini della Libia.
- Inviare immediatamente una missione internazionale di esperti indipendenti per raccogliere fatti e documenti sulle violazioni del diritto internazionale, dei diritti umani e dei crimini contro l’umanità, al fine di porre fine all’impunità del governo libico. La missione dovrebbe includere un’indagine medica indipendente sulle morti, e un’indagine sulla interferenza illecita da parte del governo libico all’accesso e al trattamento dei feriti.
- Chiedere al Commissario delle Nazioni Unite dei Diritti dell’Uomo e del Consiglio per i Procedimenti Speciali, di monitorare attentamente la situazione e di agire se necessario.
- Chiedere al Consiglio di continuare ad occuparsi della questione e affrontare la situazione libica nella sua prossima sessione regolare, il 16 marzo.
- Gli Stati membri e alti funzionari delle Nazioni Unite hanno la responsabilità di proteggere il popolo della Libia da ciò che sono crimini prevenibili. Vi invitiamo a utilizzare tutte le misure disponibili e le leve per porre fine atrocità in tutto il paese.
Vi invitiamo collettivamente a mandare un messaggio chiaro che la comunità internazionale, il Consiglio di Sicurezza e il Consiglio dei diritti umani non saranno spettatori di queste atrocità di massa. La credibilità delle Nazioni Unite – e molte vite innocenti – sono in gioco”. [1]
Secondo Fisici per i Diritti Umani: “[Questa lettera è stata] preparata sotto la guida di Mohamed Eljahmi, il noto difensore libico dei diritti umani e fratello del dissidente Fathi Eljahmi, ed afferma che le diffuse atrocità commesse in Libia contro il proprio popolo, costituiscono dei crimini di guerra, impone agli Stati membri di agire attraverso il Consiglio di sicurezza sotto la dottrina della responsabilità a proteggere.“[2]
I firmatari delle lettere includono Francis Fukuyama, United Nations Watch (attenta agli interessi di Israele), la Commissione dei diritti umani del B’nai B’rith, la direzione cubana democratica, e un insieme di organizzazioni in contrasto con i governi di Nicaragua, Cuba, Sudan, Russia, Venezuela e Libia. Alcune di queste organizzazioni sono viste con ostilità come organizzazioni create per condurre campagne di demonizzazione contro i paesi in contrasto con Stati Uniti, Israele e Unione europea. Consultare l’allegato per l’elenco completo dei firmatari per la consultazione.
La LLHR è legata alla Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH), con sede in Francia e ha legami con il National Endowment for Democracy (NED). FIDH è attiva in molti luoghi in Africa e partecipa ad attività che coinvolgono il National Endowment for Democracy. Sia la FIDH che la LLHR hanno anche rilasciato un comunicato congiunto il 21 febbraio 2011. Nel comunicato le due organizzazioni hanno chiesto alla comunità internazionale di “mobilitarsi” e menziona la Corte penale internazionale, mentre allo stesso tempo si contraddice sostenendo che da 400 a 600 persone sono morte dal 15 febbraio 2011. [3] Questo dato, naturalmente, era di circa 5.500 meno dall’affermazione che 6.000 persone erano state massacrate a Bengasi. La lettera congiunta ha anche promosso la falsa visione che l’80% del sostegno a Gheddafi provenisse da mercenari stranieri, affermazione che qualcosa come oltre mezzo anno di combattimenti ha dimostrato essere falsa.
Secondo il segretario generale della LLHR, il Dr. Sliman Bouchuiguir, le affermazioni sui massacri di Bengasi non potevano essere convalidato dalla LLHR, quando venivano contestate con della prove. Alla domanda su come un gruppo di 70 organizzazioni non governative, a Ginevra, potesse sostenere le rivendicazioni della LLHR, il Dott. Buchuiguir ha risposto che una rete di stretta relazioni ne era alla base. Questa è una beffa.
La speculazione non è né una prova né un motivo per iniziare una guerra con una campagna di bombardamenti che è durata circa mezzo anno, ed è costata la vita a molti civili innocenti, compresi bambini e anziani. Ciò che è importante da notare qui, è che il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha deciso di sanzionare la Libia sulla base di questa lettera e delle accuse del LLHR. Non una volta il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e gli Stati membri hanno fatto pressione per la guerra, una volta iniziate le indagini sulle accuse. In una sessione a New York, l’ambasciatore indiano presso le Nazioni Unite l’aveva effettivamente fatto presente, quando il suo paese si era astenuto alla votazione. Così, una cosiddetta “guerra umanitaria” è stata lanciata senza prove.
La relazione segreta tra la LLHR e il Consiglio di transizione
Le rivendicazioni della Lega libica per i diritti umani (LLHR) sono state coordinate con la formazione del Consiglio di transizione. Questo diventa chiaro quando la stretta e prudente relazione della LLHR e del Consiglio di transizione diventa evidente. Logicamente, l’amministrazione Obama e la NATO doveva esserne anche a parte.
Qualunque sia l’intento di alcuni dei sostenitori del Consiglio di transizione, è chiaro che viene usato come strumento dagli Stati Uniti e altri. Inoltre, cinque membri della LLHR erano o sarebbero diventati i membri del Consiglio di transizione quasi subito dopo che le affermazioni contro la Libia erano state diffuse. Secondo Bouchuguir ciò includeva Mahmoud Jibril e Ali Tarhouni.
Il Dr. Mahmoud Jibril è una figura del regime portato negli ambienti di governo libico da Saif Al-Islam Gheddafi. Avrebbe antidemocraticamente ottenuto la posizione di primo ministro del Consiglio di transizione. Il suo coinvolgimento con la LLHR solleva alcune questioni circa l’organizzazione vera e propria.
L’economista Ali Tarhouni, d’altra parte, sarebbe diventato il ministro per il petrolio e la finanza del Consiglio di transizione. Tarhouni è l’uomo di Washington in Libia. E’ stato allevato negli Stati Uniti ed è stato presente a tutte le riunioni più importanti sui piani per un cambio di regime in Libia. Come ministro del Petrolio e delle Finanze, i suoi primi atti sono stati la privatizzazione e praticamente la cessione delle risorse energetiche e dell’economia della Libia.
Il segretario generale della LLHR, Sliman Bouchuiguir, ha anche privatamente ammesso che molti membri influenti del Consiglio di transizione, sono i suoi amici. Un vero conflitto di interessi si configura. Eppure, la relazione segreta tra la LLHR e il Consiglio di transizione è molto più di una questione di conflitto di interessi. E’ una questione di giustizia e di manipolazione.
Chi è Sliman Bouchuiguir?
Sliman Bouchuguir è una figura sconosciuta alla maggioranza, ma è autore di una tesi di dottorato che è stato ampiamente citata e utilizzata negli ambienti strategici negli Stati Uniti. Questa tesi è stata pubblicata nel 1979 come libro, l’uso del petrolio come arma politica: un caso di studio sull’embargo petrolifero arabo del 1973 (The Use of Oil as a Political Weapon: A Case Study of the 1973 Arab oil Embargo). La tesi riguarda l’uso del petrolio come arma economica da parte degli arabi, ma può essere facilmente applicata ai russi, agli iraniani, ai venezuelani e ad altri. Esamina lo sviluppo economico e la guerra economica, e può essere applicato anche a vaste regioni, tra cui tutta l’Africa.
Le tesi analitiche di Bouchuguir riflettono una importante linea di pensiero a Washington, così come Londra e Tel Aviv. E’ sia l’incarnazione di una preesistente mentalità, che comprende gli argomenti del Consigliere alla Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti George F. Kennan, nel mantenere una posizione di disparità attraverso una costante e multiforme guerra tra gli USA e i loro alleati da una parte, e il resto del mondo, dall’altro. La tesi può essere tracciata per impedire che gli arabi, o altri, diventino una potenza economica o una minaccia. In termini strategici, le economie rivali sono dipinte come delle minacce e come “armi”. Questo ha connotazioni gravi.
Inoltre, Bouchuiguir ha svolto la sua tesi presso la George Washington University, sotto Bernard Reich. Reich è un politologo e professore di relazioni internazionali. Ha lavorato e ricoperto incarichi in posti come il Defense Intelligence College, la United States Air Force Special Operations School, il Marine Corps War College e il Centro Siloe dell’Università di Tel Aviv. Viene consultato sul Medio Oriente dal Foreign Service Institute del Dipartimento di Stato USA, e ha ricevuto borse di studio da Defense Research Academic Research Support Program e dal German Marshal Fund. Reich è stato anche, o è attualmente, nelle redazioni di riviste come Israel Affairs (dal 1994), Terrorism: An International Journal (1987-1994), e The New Middle East (1971-1973).
E’ anche chiaro che Reich è legato agli interessi israeliani. Ha anche scritto un libro sul rapporto speciale tra Stati Uniti e Israele. E’ stato anche un sostenitore del “Nuovo Medio Oriente”, che sarebbe favorevole a Israele. Questo include un’attenta valutazione del Nord Africa. Il suo lavoro si è concentrato anche sull’interfaccia strategico tra l’Unione Sovietica e il Medio Oriente, e anche sulla politica israeliana nel continente africano.
E’ chiaro il motivo per cui Bouchuiguir ha avuto Reich per la supervisione della sua tesi. Il 23 ottobre 1973, Reich testimoniò al Congresso degli Stati Uniti. La testimonianza è stata nominata “L’impatto della guerra d’ottobre in Medio Oriente” ed è chiaramente legata all’embargo del petrolio del 1973, e all’obiettivo di Washington di voler anticipare o gestire tutti gli eventi simili in futuro. C’è da chiedersi, quanto Bouchuiguir è influenzato da Reich, e quanto Bouchuiguir sposa le stesse idee strategiche di Reich?
Il “Nuovo Nord Africa” e la “Nuova Africa” – Più del solo “Nuovo Medio Oriente“
Una “nuova Africa” è in preparazione, che avrà i suoi confini ulteriormente sottolineati nel sangue, come in passato. L’amministrazione Obama e i suoi alleati hanno aperto la porta per una nuova invasione dell’Africa. L’United States Africa Command (AFRICOM) ha aperto le salve della guerra attraverso Operazione Alba dell’Odissea, prima che la guerra in Libia fosse trasferita all’Operazione della NATO ‘Unified Protector’.
Gli Stati Uniti hanno usato la NATO per continuare l’occupazione post-seconda guerra mondiale dell’Europa. Sarà ora possibile utilizzare AFRICOM per occupare l’Africa e creare una NATO africana. E’ chiaro che gli USA vogliono una estesa presenza militare in Libia e in Africa, sotto la maschera delle missioni di aiuto umanitario e della lotta al terrorismo – lo stesso terrorismo che alimenta in Libia e in Africa.
La via all’intervento in Africa è spianata con il pretesto della lotta al terrorismo. Il Generale Carter Ham ha dichiarato: “Se dovessimo lanciare un’operazione umanitaria, come possiamo farlo in modo efficace con il controllo del traffico aereo, gestendo gli aeroporti, [e] questo tipo di attività?” [4] La domanda del Generale Ham è in realtà un passo fatto per modellare la partnership e l’integrazione militari africane, così come le nuove basi, che potrebbero includere l’uso di più droni militari contro la Libia e altri paesi africani. The Washington Post e The Wall Street Journal (WSJ) hanno entrambi messo in chiaro che il Pentagono sta attivamente cercando di stabilire altre basi dei droni in Africa e nela penisola arabica per espandere le sue guerre. [WP] In questo contesto, il comandante di AFRICOM mantiene i legami tra al-Shabaab in Somalia, al-Qaeda nel Maghreb islamico in Nord Africa e il Boko Harem in Nigeria. [6]
La guerra in Libia è una frode
Il Generale Ham ha detto: “Io rimango convinto che se non l’ONU avesse preso questa decisione, gli Stati Uniti non avrebbe preso il comando con un grande supporto, io sono assolutamente convinto che ci sono molte, molte persone oggi a Bengasi, vive, che non lo sarebbero [vive].“[7] Questo non è vero ed è molto lontano dalla realtà. La guerra è costata più vite di quanto non ne avrebbe mai salvato. Ha rovinato un paese e aperto la porta dell’Africa a un progetto neo-coloniale.
Le rivendicazioni della Lega libica per i diritti umani (LLHR) non sono mai state sostenute o verificate da prove. La credibilità delle Nazioni Unite deve essere messa in discussione, così come molte organizzazioni umanitarie e dei diritti umani che hanno praticamente spinto per la guerra. Nella migliore delle ipotesi, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è un organo irresponsabile, ma ha chiaramente agito al di fuori del dovuto processo legale. Questo modello sembra ora ripetersi contro la Repubblica Araba Siriana, mentre sostiene accuse non verificate fatte da individui e organizzazioni sostenute dalle potenze straniere, cui non importa nulla delle autentiche riforme democratiche e della libertà.
NOTE
[1] United Nations Watch et al., “Urgent Appeal to Stop Atrocities in Libya: Sent by 70 NGOs to the US, EU, and UN”, 21 feb 2011:
http://www.unwatch.org/site/apps/nlnet/content2.aspx?c=bdKKISNqEmG&b=1330815&ct=9135143
[2] Physicians for Human Rights, “PHR and Human Rights Groups Call for Immediate Action in Libya”, 22 febbraio 2011:
http://physiciansforhumanrights.org/press/press-releases/news-2011-02-22-libya.html
[3] The International Federation for Human Rights (FIDH) and the Libyan League for Human Rights (LLHR), “Massacres in Libya: The international
community must urgently,” respond, 21 febbraio 2011: http://www.fidh.org/IMG/article_PDF/article_a9183.pdf
[4] Jim Garamone, “Africa Command Learns from Libya Operations,” American Forces Press Service, 15 settembre 2011:
http://www.defense.gov/news/newsarticle.aspx?id=65344&reason=1
[5] Gregory Miller and Craig Whitlock, “USUS assembling secret drone bases in Africa, Arabian Peninsula, officials say,” The Washington Post, 20 settembre 2011; Julian E. Barnes, “US Expands Drone Flights to Take Aim at East Africa,” The Wall Street Journal (WSJ), 21 settembre 2011.
[6] Garamone, “Africa Command Learns,” Op. cit.
[7] Ibidem.
ALLEGATO: firmatari della lettera per una urgente azione in Libia
12 febbraio 2011 – Ginevra, Svizzera
1. Hillel C. Neuer, United Nations Watch, Svizzera
2. Dr. Sliman Bouchuiguir, Libyan League for Human Rights, Svizzera
3. Mary Kay Stratis, Victims of Pan Am Flight 103, Inc., USA
4. Carl Gershman, Presidente del National Endowment for Democracy, USA
5. Yang Jianli, Initiatives for China, USA – ex prigioniero di coscienza e sopravvissuto del massacro di piazza Tiananmen
6. Yang Kuanxing, YIbao – scrittore cinese, primo firmatario di Carta 08, il manifesto chiede una riforma politica in Cina
7. Matteo Mecacci, deputato, Partito Radicale Nonviolento, Italia
8. Frank Donaghue, Physicians for Human Rights, USA
9. Nazanin Afshin-Jam, Stop Child Executions, Canada
10. Bhawani Shanker Kusum, Gram Bharati Samiti, India
11. G. Jasper Cummeh, III, Actions for Genuine Democratic Alternatives, Liberia
12. Michel Monod, International Fellowship of Reconciliation, Svizzera
13. Esohe Aghatise, Associazione Iroko Onlus, Italia
14. Harris O. Schoenberg, UN Reform Advocates, USA
15. 15. Myrna Lachenal, World Federation for Mental Health, Svizzera
16. 16. Nguyên Lê Nhân Quyên, Vietnamese League for Human Rights, Svizzera
17. 17. Sylvia G. Iriondo, Mothers and Women against Repression (MAR Por Cuba), USA
18. David Littman, World Union for Progressive Judaism, Svizzera
19. Barrister Festus Okoye, Human Rights Monitor, Nigeria
20. Theodor Rathgeber, Forum Human Rights, Germania
21. Derik Uya Alfred, Kwoto Cultural Center, Juba – Sud Sudan
22. Carlos E Tinoco, Consorcio Desarrollo y Justicia, AC, Venezuela
23. Abdurashid Abdulle Abikar, Center for Youth and Democracy, Somalia
24. Dr. Vanee Meisinger, Pan Pacific and South East Asia Women’s Association, Thailandia
25. Simone Abel, René Cassin, Regno Unito
26. Dr. Francois Ullmann, Ingenieurs du Monde, Svizzera
27. Sr Catherine Waters, Catholic International Education Office, USA
28. Gibreil Hamid, Darfur Peace and Development Centre, Svizzera
29. Nino Sergi, INTERSOS – Humanitarian Aid Organization, Italia
30. Daniel Feng, Foundation for China in the 21st Century
31. Ann Buwalda, Executive Director, Jubilee Campaign, USA
32. Leo Igwe, Nigerian Humanist Movement, Nigeria
33. Chandika Gautam, Nepal International Consumers Union, Nepal
34. Zohra Yusuf, Human Rights Commission of Pakistan, Pakistan
35. Sekou Doumbia, Femmes & Droits Humains, Mali
36. Cyrille Rolande Bechon, Nouveaux Droits de l’Homme, Camerun
37. Zainab Al-Suwaij, American Islamic Congress, USA
38. Valnora Edwin, Campaign for Good Governance, Sierra Leone
39. Patrick Mpedzisi, African Democracy Forum, Sud Africa
40. Phil ya Nangoloh, NamRights, Namibia
41. Jaime Vintimilla, Centro Sobre Derecho y Sociedad (CIDES), Ecuador
42. Tilder Kumichii Ndichia, Gender Empowerment and Development, Camerun
43. Amina Bouayach, Moroccan Organisation for Human Rights, Marocco
44. Abdullahi Mohamoud Nur, CEPID-Horn Africa, Somalia
45. Delly Mawazo Sesete, Resarch Center on Environment, Democracy & Human Rights, Repubblica Democratica del Congo
46. Joseph Rahall, Green Scenery, Sierra Leone
47. Arnold Djuma, Solidarité pour la Promotion Sociale et la Paix, Rwanda
48. Panayote Dimitras, Greek Helsinki Monitor,
49. Carlos E. Ponce, Latina American and Caribbean Network for Democracy, Venezuela
50. Fr. Paul Lansu, Pax Christi International, Belgio
51. Tharsika Pakeerathan, Swiss Council of Eelam Tamils, Svizzera
52. Ibrahima Niang, Commission des Droits Humains du Mouvement Citoyen, Senegal
53. Virginia Swain, Center for Global Community and World Law, USA
54. Dr Yael Danieli, International Society for Traumatic Stress Studies, USA 55. 55. Savita Gokhale, Loksadhana, India
56. Hasan Dheeree, Biland Awdal Organization, Somalia
57. Pacifique Nininahazwe, Forum pour le Renforcement de la Société Civile, Burundi
58. Derik Uya Alfred, Kwoto Cultural Center, Sud Sudan
59. Michel Golubnichy, International Association of Peace Foundations, Russia
60. Edward Ladu Terso, Multi Media Training Center, Sudan
61. Hafiz Mohammed, Justice Africa Sudan, Sudan
62. Sammy Eppel, B’nai B’rith Human Rights Commission, Venezuela
63. Jack Jeffery, International Humanist and Ethical Union, Regno Unito
64. Duy Hoang, Viet Tan, Vietnam
65. Promotion de la Democratie et Protection des Droits Humains, Repubblica Democratica del Congo
66. Radwan A. Masmoudi, Center for the Study of Islam & Democracy, USA
67. María José Zamora Solórzano, Movimiento por Nicaragua, Nicaragua
68. John Suarez, Cuban Democratic Directorate, USA
69. Mohamed Abdul Malek, Libya Watch, Regno Unito
70. Journalists Union of Russia, Russia
71. Sindi Medar-Gould, BAOBAB for Women’s Human Rights, Nigeria
72. Derik Uya Alfred, Kwoto Cultural Centre, Sudan
73. Suor Anne Shaym, Presentation Sisters, Australia
74. Joseph Rahad, Green Scenery, Sierra Leone
75. Fahma Yusuf Essa, Women in Journalism Association, Somalia
76. Hayder Ibrahim Ali, Sudanese Studies Center, Sudan
77. Marcel Claude Kabongo, Good Governance and Human Rights NGO, Repubblica Democratica del Congo
78. Frank Weston, International Multiracial Shared Cultural Organization (IMSCO), USA
79. Fatima Alaoui, Maghrebin Forum for environment and development, Marocco
80. Ted Brooks, Committee for Peace and Development Advocacy, Liberia
81. Felly Fwamba, Cerveau Chrétien, Repubblica Democratica del Congo
82. Jane Rutledge, CIVICUS: World Alliance of Citizen Participation, Sud Africa
83. Ali AlAhmed, The Institute for Gulf Affairs, USA
84. Daniel Ozoukou, Martin Luther King Center for Peace and Social Justice, Costa d’Avorio
85. Dan T. Saryee, Liberia Democratic Institute (LDI), Liberia
Individui
Dr. Frene Ginwala, ex portavoce della South African National Assembly
Filosofo Francis Fukuyama
Mohamed Eljahmi, attivista libico per i diritti umani
Glenn P. Johnson, Jr., Tesoriere, Victims of Pan Am Flight 103, Inc., padre di Beth Ann Johnson, vittima dell’attentato di Lockerbie
Fonte: UN Watch (vedere nota 1)
Traduzione di Alessandro Lattanzio
http://sitoaurora.altervista.org/home.htm
http://aurorasito.wordpress.com
Fonte: http://dondebar.blogspot.com/2011/09/libya-and-big-lie-using-human-rights.html
La guerra contro la Libia è costruita sull’inganno. Il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha approvato due risoluzioni contro la Libia, sulla base di accuse non provate, in particolare che il colonnello Muammar Gheddafi avesse ucciso il proprio popolo a Bengasi. L’affermazione nella sua forma esatta è che Gheddafi aveva ordinato alle forze libiche di uccidere 6.000 persone a Bengasi. Tali affermazioni sono state ampiamente diffuse, ma sempre vagamente spiegate. Fu sulla base di questa affermazione che la Libia è stata deferita al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, al Palazzo di Vetro di New York, e cacciata dal Consiglio sui diritti umani delle Nazioni Unite, a Ginevra.
Affermazioni false sugli eserciti mercenari africani in Libia e sugli attacchi di aerei a reazione contro i civili, sono state utilizzate anche in una vasta campagna mediatica contro la Libia. Queste due affermazioni sono state messe da parte e sono diventate sempre più torbide. Le rivendicazioni sui massacri, tuttavia, sono state utilizzate in un quadro giuridico, diplomatico e militare per giustificare la guerra della NATO ai libici.
Utilizzare i diritti umani come pretesto per la guerra: La LLHR e le sue accuse non provate
Una delle fonti principali sull’affermazione che Gheddafi stesse uccidendo il suo stesso popolo, è la Lega Libica per i Diritti Umani (LLHR). La LLHR è stata, in realtà, fondamentale per coinvolgere le Nazioni Unite attraverso le sue accuse specifiche a Ginevra. Il 21 febbraio 2011, la LLHR ha ottenuto che altre 70 organizzazioni non governative (ONG) inviassero delle lettere al presidente Obama, all’Alto Rappresentante dell’UE Catherine Ashton, e al Segretario generale delle Nazioni Unite Ban-Ki Moon, che chiedevano un intervento internazionale contro la Libia, invocando la dottrina della “Responsabilità a proteggere”. Solo 25 membri di questa coalizione hanno effettivamente affermato di essere dei gruppi umanitari.
La lettera è la seguente:
Noi sottoscritte organizzazioni non governative, dei diritti umani e umanitarie, vi esortiamo a mobilitare le Nazioni Unite e la comunità internazionale e a intraprendere un’azione immediata per fermare le atrocità di massa, ora perpetrate dal governo libico contro il proprio popolo. Il silenzio imperdonabile non può continuare.
Come sapete, nei giorni scorsi, si stima che le forze del colonnello Muammar Gheddafi abbiano deliberatamente ucciso centinaia di manifestanti pacifici e spettatori innocenti in tutto il paese. Nella sola città di Bengasi, un medico ha riferito di aver visto almeno 200 cadaveri. Testimoni riferiscono che un insieme di unità speciali, mercenari stranieri e fedelissimi del regime hanno attaccato i manifestanti con coltelli, fucili d’assalto e armi di grosso calibro.
I cecchini hanno sparato a manifestanti pacifici. L’artiglieria e gli elicotteri sono stati usati contro una folla di manifestanti. Teppisti armati di martelli e spade hanno attaccato le famiglie nelle loro case. Fonti ospedaliere riferiscono di numerose vittime colpite alla testa e al torace, e una colpita alla testa da un missile antiaereo. Carri armati sono segnalati essere per le strade, a schiacciare passanti innocenti. Testimoni riferiscono che mercenari stanno sparando indiscriminatamente da elicotteri e dai tetti. Donne e bambini sono stati visti saltare dal Ponte Giuliana, a Bengasi, per fuggire. Molti di loro sono stati uccisi nell’impatto con l’acqua, mentre altri ne furono inghiottiti. Il regime libico sta cercando di nascondere tutti questi crimini chiudendo i contatti con il mondo esterno. I giornalisti stranieri sono stati respinti. Internet e le linee telefoniche sono state tagliate o interrotto.
Non vi è dubbio qui sugli intenti. I media governativi hanno pubblicato aperte minacce, promettendo che i manifestanti avrebbero incontrato “una risposta violenta e fragorosa.”
Di conseguenza, il governo della Libia sta commettendo gravi e sistematiche violazioni del diritto alla vita, garantito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dal Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici. Cittadini che cercano di esercitare i propri diritti alla libertà di espressione e alla libertà di riunione vengono massacrati dal governo.
Inoltre, il governo della Libia sta commettendo crimini contro l’umanità, come definito dalla relazione illustrativa dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale. I massacri di civili innocenti del governo libico sono una quantità di reati particolarmente odiosi, che costituiscono un grave attacco alla dignità umana. Come confermato da numerose testimonianze orali e video, raccolte da organizzazioni dei diritti umani e dalle agenzie di stampa, l’assalto del governo libico alla sua popolazione civile non è un evento isolato o sporadico. Piuttosto, queste azioni costituiscono una politica diffusa e sistematica e la pratica delle atrocità, commesse intenzionalmente, tra cui omicidi, persecuzioni politiche e altri atti inumani che raggiungono la soglia dei crimini contro l’umanità.
Responsabilità a proteggere
Con il documento finale del World Summit 2005, si ha una responsabilità chiara e univoca a proteggere la popolazione della Libia. “La comunità internazionale, attraverso le Nazioni Unite, ha la responsabilità di un uso appropriato degli strumenti diplomatici, umanitari e altri pacifici, in conformità ai capitoli VI e VIII della Carta, per aiutare a proteggere la popolazione libica. Poiché le autorità libiche nazionali manifestamente non sono riuscire a proteggere la popolazione da crimini contro l’umanità, essendo inadeguati mezzi pacifici, gli Stati membri sono obbligati ad azioni collettive, in modo tempestivo e deciso, attraverso il Consiglio di sicurezza, in conformità con la Carta delle Nazioni Unite, compreso il capitolo VII.
Inoltre, vi esortiamo a convocare una sessione speciale d’emergenza del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite, i cui membri hanno il dovere, sotto la risoluzione 60/251 dell’Assemblea generale dell’ONU, di affrontare le situazioni di gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani. La sessione dovrebbe:
- Invitare l’Assemblea Generale a sospendere l’appartenenza al Consiglio della Libia, ai sensi dell’articolo 8 della risoluzione 60/251, che si applica agli Stati membri che commettono violazioni gravi e sistematiche ai diritti umani.
- Condannare con forza, e chiedere la fine immediata del massacro dei propri cittadini della Libia.
- Inviare immediatamente una missione internazionale di esperti indipendenti per raccogliere fatti e documenti sulle violazioni del diritto internazionale, dei diritti umani e dei crimini contro l’umanità, al fine di porre fine all’impunità del governo libico. La missione dovrebbe includere un’indagine medica indipendente sulle morti, e un’indagine sulla interferenza illecita da parte del governo libico all’accesso e al trattamento dei feriti.
- Chiedere al Commissario delle Nazioni Unite dei Diritti dell’Uomo e del Consiglio per i Procedimenti Speciali, di monitorare attentamente la situazione e di agire se necessario.
- Chiedere al Consiglio di continuare ad occuparsi della questione e affrontare la situazione libica nella sua prossima sessione regolare, il 16 marzo.
- Gli Stati membri e alti funzionari delle Nazioni Unite hanno la responsabilità di proteggere il popolo della Libia da ciò che sono crimini prevenibili. Vi invitiamo a utilizzare tutte le misure disponibili e le leve per porre fine atrocità in tutto il paese.
Vi invitiamo collettivamente a mandare un messaggio chiaro che la comunità internazionale, il Consiglio di Sicurezza e il Consiglio dei diritti umani non saranno spettatori di queste atrocità di massa. La credibilità delle Nazioni Unite – e molte vite innocenti – sono in gioco”. [1]
Secondo Fisici per i Diritti Umani: “[Questa lettera è stata] preparata sotto la guida di Mohamed Eljahmi, il noto difensore libico dei diritti umani e fratello del dissidente Fathi Eljahmi, ed afferma che le diffuse atrocità commesse in Libia contro il proprio popolo, costituiscono dei crimini di guerra, impone agli Stati membri di agire attraverso il Consiglio di sicurezza sotto la dottrina della responsabilità a proteggere.“[2]
I firmatari delle lettere includono Francis Fukuyama, United Nations Watch (attenta agli interessi di Israele), la Commissione dei diritti umani del B’nai B’rith, la direzione cubana democratica, e un insieme di organizzazioni in contrasto con i governi di Nicaragua, Cuba, Sudan, Russia, Venezuela e Libia. Alcune di queste organizzazioni sono viste con ostilità come organizzazioni create per condurre campagne di demonizzazione contro i paesi in contrasto con Stati Uniti, Israele e Unione europea. Consultare l’allegato per l’elenco completo dei firmatari per la consultazione.
La LLHR è legata alla Federazione Internazionale per i Diritti Umani (FIDH), con sede in Francia e ha legami con il National Endowment for Democracy (NED). FIDH è attiva in molti luoghi in Africa e partecipa ad attività che coinvolgono il National Endowment for Democracy. Sia la FIDH che la LLHR hanno anche rilasciato un comunicato congiunto il 21 febbraio 2011. Nel comunicato le due organizzazioni hanno chiesto alla comunità internazionale di “mobilitarsi” e menziona la Corte penale internazionale, mentre allo stesso tempo si contraddice sostenendo che da 400 a 600 persone sono morte dal 15 febbraio 2011. [3] Questo dato, naturalmente, era di circa 5.500 meno dall’affermazione che 6.000 persone erano state massacrate a Bengasi. La lettera congiunta ha anche promosso la falsa visione che l’80% del sostegno a Gheddafi provenisse da mercenari stranieri, affermazione che qualcosa come oltre mezzo anno di combattimenti ha dimostrato essere falsa.
Secondo il segretario generale della LLHR, il Dr. Sliman Bouchuiguir, le affermazioni sui massacri di Bengasi non potevano essere convalidato dalla LLHR, quando venivano contestate con della prove. Alla domanda su come un gruppo di 70 organizzazioni non governative, a Ginevra, potesse sostenere le rivendicazioni della LLHR, il Dott. Buchuiguir ha risposto che una rete di stretta relazioni ne era alla base. Questa è una beffa.
La speculazione non è né una prova né un motivo per iniziare una guerra con una campagna di bombardamenti che è durata circa mezzo anno, ed è costata la vita a molti civili innocenti, compresi bambini e anziani. Ciò che è importante da notare qui, è che il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha deciso di sanzionare la Libia sulla base di questa lettera e delle accuse del LLHR. Non una volta il Consiglio di Sicurezza dell’ONU e gli Stati membri hanno fatto pressione per la guerra, una volta iniziate le indagini sulle accuse. In una sessione a New York, l’ambasciatore indiano presso le Nazioni Unite l’aveva effettivamente fatto presente, quando il suo paese si era astenuto alla votazione. Così, una cosiddetta “guerra umanitaria” è stata lanciata senza prove.
La relazione segreta tra la LLHR e il Consiglio di transizione
Le rivendicazioni della Lega libica per i diritti umani (LLHR) sono state coordinate con la formazione del Consiglio di transizione. Questo diventa chiaro quando la stretta e prudente relazione della LLHR e del Consiglio di transizione diventa evidente. Logicamente, l’amministrazione Obama e la NATO doveva esserne anche a parte.
Qualunque sia l’intento di alcuni dei sostenitori del Consiglio di transizione, è chiaro che viene usato come strumento dagli Stati Uniti e altri. Inoltre, cinque membri della LLHR erano o sarebbero diventati i membri del Consiglio di transizione quasi subito dopo che le affermazioni contro la Libia erano state diffuse. Secondo Bouchuguir ciò includeva Mahmoud Jibril e Ali Tarhouni.
Il Dr. Mahmoud Jibril è una figura del regime portato negli ambienti di governo libico da Saif Al-Islam Gheddafi. Avrebbe antidemocraticamente ottenuto la posizione di primo ministro del Consiglio di transizione. Il suo coinvolgimento con la LLHR solleva alcune questioni circa l’organizzazione vera e propria.
L’economista Ali Tarhouni, d’altra parte, sarebbe diventato il ministro per il petrolio e la finanza del Consiglio di transizione. Tarhouni è l’uomo di Washington in Libia. E’ stato allevato negli Stati Uniti ed è stato presente a tutte le riunioni più importanti sui piani per un cambio di regime in Libia. Come ministro del Petrolio e delle Finanze, i suoi primi atti sono stati la privatizzazione e praticamente la cessione delle risorse energetiche e dell’economia della Libia.
Il segretario generale della LLHR, Sliman Bouchuiguir, ha anche privatamente ammesso che molti membri influenti del Consiglio di transizione, sono i suoi amici. Un vero conflitto di interessi si configura. Eppure, la relazione segreta tra la LLHR e il Consiglio di transizione è molto più di una questione di conflitto di interessi. E’ una questione di giustizia e di manipolazione.
Chi è Sliman Bouchuiguir?
Sliman Bouchuguir è una figura sconosciuta alla maggioranza, ma è autore di una tesi di dottorato che è stato ampiamente citata e utilizzata negli ambienti strategici negli Stati Uniti. Questa tesi è stata pubblicata nel 1979 come libro, l’uso del petrolio come arma politica: un caso di studio sull’embargo petrolifero arabo del 1973 (The Use of Oil as a Political Weapon: A Case Study of the 1973 Arab oil Embargo). La tesi riguarda l’uso del petrolio come arma economica da parte degli arabi, ma può essere facilmente applicata ai russi, agli iraniani, ai venezuelani e ad altri. Esamina lo sviluppo economico e la guerra economica, e può essere applicato anche a vaste regioni, tra cui tutta l’Africa.
Le tesi analitiche di Bouchuguir riflettono una importante linea di pensiero a Washington, così come Londra e Tel Aviv. E’ sia l’incarnazione di una preesistente mentalità, che comprende gli argomenti del Consigliere alla Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti George F. Kennan, nel mantenere una posizione di disparità attraverso una costante e multiforme guerra tra gli USA e i loro alleati da una parte, e il resto del mondo, dall’altro. La tesi può essere tracciata per impedire che gli arabi, o altri, diventino una potenza economica o una minaccia. In termini strategici, le economie rivali sono dipinte come delle minacce e come “armi”. Questo ha connotazioni gravi.
Inoltre, Bouchuiguir ha svolto la sua tesi presso la George Washington University, sotto Bernard Reich. Reich è un politologo e professore di relazioni internazionali. Ha lavorato e ricoperto incarichi in posti come il Defense Intelligence College, la United States Air Force Special Operations School, il Marine Corps War College e il Centro Siloe dell’Università di Tel Aviv. Viene consultato sul Medio Oriente dal Foreign Service Institute del Dipartimento di Stato USA, e ha ricevuto borse di studio da Defense Research Academic Research Support Program e dal German Marshal Fund. Reich è stato anche, o è attualmente, nelle redazioni di riviste come Israel Affairs (dal 1994), Terrorism: An International Journal (1987-1994), e The New Middle East (1971-1973).
E’ anche chiaro che Reich è legato agli interessi israeliani. Ha anche scritto un libro sul rapporto speciale tra Stati Uniti e Israele. E’ stato anche un sostenitore del “Nuovo Medio Oriente”, che sarebbe favorevole a Israele. Questo include un’attenta valutazione del Nord Africa. Il suo lavoro si è concentrato anche sull’interfaccia strategico tra l’Unione Sovietica e il Medio Oriente, e anche sulla politica israeliana nel continente africano.
E’ chiaro il motivo per cui Bouchuiguir ha avuto Reich per la supervisione della sua tesi. Il 23 ottobre 1973, Reich testimoniò al Congresso degli Stati Uniti. La testimonianza è stata nominata “L’impatto della guerra d’ottobre in Medio Oriente” ed è chiaramente legata all’embargo del petrolio del 1973, e all’obiettivo di Washington di voler anticipare o gestire tutti gli eventi simili in futuro. C’è da chiedersi, quanto Bouchuiguir è influenzato da Reich, e quanto Bouchuiguir sposa le stesse idee strategiche di Reich?
Il “Nuovo Nord Africa” e la “Nuova Africa” – Più del solo “Nuovo Medio Oriente“
Una “nuova Africa” è in preparazione, che avrà i suoi confini ulteriormente sottolineati nel sangue, come in passato. L’amministrazione Obama e i suoi alleati hanno aperto la porta per una nuova invasione dell’Africa. L’United States Africa Command (AFRICOM) ha aperto le salve della guerra attraverso Operazione Alba dell’Odissea, prima che la guerra in Libia fosse trasferita all’Operazione della NATO ‘Unified Protector’.
Gli Stati Uniti hanno usato la NATO per continuare l’occupazione post-seconda guerra mondiale dell’Europa. Sarà ora possibile utilizzare AFRICOM per occupare l’Africa e creare una NATO africana. E’ chiaro che gli USA vogliono una estesa presenza militare in Libia e in Africa, sotto la maschera delle missioni di aiuto umanitario e della lotta al terrorismo – lo stesso terrorismo che alimenta in Libia e in Africa.
La via all’intervento in Africa è spianata con il pretesto della lotta al terrorismo. Il Generale Carter Ham ha dichiarato: “Se dovessimo lanciare un’operazione umanitaria, come possiamo farlo in modo efficace con il controllo del traffico aereo, gestendo gli aeroporti, [e] questo tipo di attività?” [4] La domanda del Generale Ham è in realtà un passo fatto per modellare la partnership e l’integrazione militari africane, così come le nuove basi, che potrebbero includere l’uso di più droni militari contro la Libia e altri paesi africani. The Washington Post e The Wall Street Journal (WSJ) hanno entrambi messo in chiaro che il Pentagono sta attivamente cercando di stabilire altre basi dei droni in Africa e nela penisola arabica per espandere le sue guerre. [WP] In questo contesto, il comandante di AFRICOM mantiene i legami tra al-Shabaab in Somalia, al-Qaeda nel Maghreb islamico in Nord Africa e il Boko Harem in Nigeria. [6]
La guerra in Libia è una frode
Il Generale Ham ha detto: “Io rimango convinto che se non l’ONU avesse preso questa decisione, gli Stati Uniti non avrebbe preso il comando con un grande supporto, io sono assolutamente convinto che ci sono molte, molte persone oggi a Bengasi, vive, che non lo sarebbero [vive].“[7] Questo non è vero ed è molto lontano dalla realtà. La guerra è costata più vite di quanto non ne avrebbe mai salvato. Ha rovinato un paese e aperto la porta dell’Africa a un progetto neo-coloniale.
Le rivendicazioni della Lega libica per i diritti umani (LLHR) non sono mai state sostenute o verificate da prove. La credibilità delle Nazioni Unite deve essere messa in discussione, così come molte organizzazioni umanitarie e dei diritti umani che hanno praticamente spinto per la guerra. Nella migliore delle ipotesi, il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è un organo irresponsabile, ma ha chiaramente agito al di fuori del dovuto processo legale. Questo modello sembra ora ripetersi contro la Repubblica Araba Siriana, mentre sostiene accuse non verificate fatte da individui e organizzazioni sostenute dalle potenze straniere, cui non importa nulla delle autentiche riforme democratiche e della libertà.
NOTE
[1] United Nations Watch et al., “Urgent Appeal to Stop Atrocities in Libya: Sent by 70 NGOs to the US, EU, and UN”, 21 feb 2011:
http://www.unwatch.org/site/apps/nlnet/content2.aspx?c=bdKKISNqEmG&b=1330815&ct=9135143
[2] Physicians for Human Rights, “PHR and Human Rights Groups Call for Immediate Action in Libya”, 22 febbraio 2011:
http://physiciansforhumanrights.org/press/press-releases/news-2011-02-22-libya.html
[3] The International Federation for Human Rights (FIDH) and the Libyan League for Human Rights (LLHR), “Massacres in Libya: The international
community must urgently,” respond, 21 febbraio 2011: http://www.fidh.org/IMG/article_PDF/article_a9183.pdf
[4] Jim Garamone, “Africa Command Learns from Libya Operations,” American Forces Press Service, 15 settembre 2011:
http://www.defense.gov/news/newsarticle.aspx?id=65344&reason=1
[5] Gregory Miller and Craig Whitlock, “USUS assembling secret drone bases in Africa, Arabian Peninsula, officials say,” The Washington Post, 20 settembre 2011; Julian E. Barnes, “US Expands Drone Flights to Take Aim at East Africa,” The Wall Street Journal (WSJ), 21 settembre 2011.
[6] Garamone, “Africa Command Learns,” Op. cit.
[7] Ibidem.
ALLEGATO: firmatari della lettera per una urgente azione in Libia
12 febbraio 2011 – Ginevra, Svizzera
1. Hillel C. Neuer, United Nations Watch, Svizzera
2. Dr. Sliman Bouchuiguir, Libyan League for Human Rights, Svizzera
3. Mary Kay Stratis, Victims of Pan Am Flight 103, Inc., USA
4. Carl Gershman, Presidente del National Endowment for Democracy, USA
5. Yang Jianli, Initiatives for China, USA – ex prigioniero di coscienza e sopravvissuto del massacro di piazza Tiananmen
6. Yang Kuanxing, YIbao – scrittore cinese, primo firmatario di Carta 08, il manifesto chiede una riforma politica in Cina
7. Matteo Mecacci, deputato, Partito Radicale Nonviolento, Italia
8. Frank Donaghue, Physicians for Human Rights, USA
9. Nazanin Afshin-Jam, Stop Child Executions, Canada
10. Bhawani Shanker Kusum, Gram Bharati Samiti, India
11. G. Jasper Cummeh, III, Actions for Genuine Democratic Alternatives, Liberia
12. Michel Monod, International Fellowship of Reconciliation, Svizzera
13. Esohe Aghatise, Associazione Iroko Onlus, Italia
14. Harris O. Schoenberg, UN Reform Advocates, USA
15. 15. Myrna Lachenal, World Federation for Mental Health, Svizzera
16. 16. Nguyên Lê Nhân Quyên, Vietnamese League for Human Rights, Svizzera
17. 17. Sylvia G. Iriondo, Mothers and Women against Repression (MAR Por Cuba), USA
18. David Littman, World Union for Progressive Judaism, Svizzera
19. Barrister Festus Okoye, Human Rights Monitor, Nigeria
20. Theodor Rathgeber, Forum Human Rights, Germania
21. Derik Uya Alfred, Kwoto Cultural Center, Juba – Sud Sudan
22. Carlos E Tinoco, Consorcio Desarrollo y Justicia, AC, Venezuela
23. Abdurashid Abdulle Abikar, Center for Youth and Democracy, Somalia
24. Dr. Vanee Meisinger, Pan Pacific and South East Asia Women’s Association, Thailandia
25. Simone Abel, René Cassin, Regno Unito
26. Dr. Francois Ullmann, Ingenieurs du Monde, Svizzera
27. Sr Catherine Waters, Catholic International Education Office, USA
28. Gibreil Hamid, Darfur Peace and Development Centre, Svizzera
29. Nino Sergi, INTERSOS – Humanitarian Aid Organization, Italia
30. Daniel Feng, Foundation for China in the 21st Century
31. Ann Buwalda, Executive Director, Jubilee Campaign, USA
32. Leo Igwe, Nigerian Humanist Movement, Nigeria
33. Chandika Gautam, Nepal International Consumers Union, Nepal
34. Zohra Yusuf, Human Rights Commission of Pakistan, Pakistan
35. Sekou Doumbia, Femmes & Droits Humains, Mali
36. Cyrille Rolande Bechon, Nouveaux Droits de l’Homme, Camerun
37. Zainab Al-Suwaij, American Islamic Congress, USA
38. Valnora Edwin, Campaign for Good Governance, Sierra Leone
39. Patrick Mpedzisi, African Democracy Forum, Sud Africa
40. Phil ya Nangoloh, NamRights, Namibia
41. Jaime Vintimilla, Centro Sobre Derecho y Sociedad (CIDES), Ecuador
42. Tilder Kumichii Ndichia, Gender Empowerment and Development, Camerun
43. Amina Bouayach, Moroccan Organisation for Human Rights, Marocco
44. Abdullahi Mohamoud Nur, CEPID-Horn Africa, Somalia
45. Delly Mawazo Sesete, Resarch Center on Environment, Democracy & Human Rights, Repubblica Democratica del Congo
46. Joseph Rahall, Green Scenery, Sierra Leone
47. Arnold Djuma, Solidarité pour la Promotion Sociale et la Paix, Rwanda
48. Panayote Dimitras, Greek Helsinki Monitor,
49. Carlos E. Ponce, Latina American and Caribbean Network for Democracy, Venezuela
50. Fr. Paul Lansu, Pax Christi International, Belgio
51. Tharsika Pakeerathan, Swiss Council of Eelam Tamils, Svizzera
52. Ibrahima Niang, Commission des Droits Humains du Mouvement Citoyen, Senegal
53. Virginia Swain, Center for Global Community and World Law, USA
54. Dr Yael Danieli, International Society for Traumatic Stress Studies, USA 55. 55. Savita Gokhale, Loksadhana, India
56. Hasan Dheeree, Biland Awdal Organization, Somalia
57. Pacifique Nininahazwe, Forum pour le Renforcement de la Société Civile, Burundi
58. Derik Uya Alfred, Kwoto Cultural Center, Sud Sudan
59. Michel Golubnichy, International Association of Peace Foundations, Russia
60. Edward Ladu Terso, Multi Media Training Center, Sudan
61. Hafiz Mohammed, Justice Africa Sudan, Sudan
62. Sammy Eppel, B’nai B’rith Human Rights Commission, Venezuela
63. Jack Jeffery, International Humanist and Ethical Union, Regno Unito
64. Duy Hoang, Viet Tan, Vietnam
65. Promotion de la Democratie et Protection des Droits Humains, Repubblica Democratica del Congo
66. Radwan A. Masmoudi, Center for the Study of Islam & Democracy, USA
67. María José Zamora Solórzano, Movimiento por Nicaragua, Nicaragua
68. John Suarez, Cuban Democratic Directorate, USA
69. Mohamed Abdul Malek, Libya Watch, Regno Unito
70. Journalists Union of Russia, Russia
71. Sindi Medar-Gould, BAOBAB for Women’s Human Rights, Nigeria
72. Derik Uya Alfred, Kwoto Cultural Centre, Sudan
73. Suor Anne Shaym, Presentation Sisters, Australia
74. Joseph Rahad, Green Scenery, Sierra Leone
75. Fahma Yusuf Essa, Women in Journalism Association, Somalia
76. Hayder Ibrahim Ali, Sudanese Studies Center, Sudan
77. Marcel Claude Kabongo, Good Governance and Human Rights NGO, Repubblica Democratica del Congo
78. Frank Weston, International Multiracial Shared Cultural Organization (IMSCO), USA
79. Fatima Alaoui, Maghrebin Forum for environment and development, Marocco
80. Ted Brooks, Committee for Peace and Development Advocacy, Liberia
81. Felly Fwamba, Cerveau Chrétien, Repubblica Democratica del Congo
82. Jane Rutledge, CIVICUS: World Alliance of Citizen Participation, Sud Africa
83. Ali AlAhmed, The Institute for Gulf Affairs, USA
84. Daniel Ozoukou, Martin Luther King Center for Peace and Social Justice, Costa d’Avorio
85. Dan T. Saryee, Liberia Democratic Institute (LDI), Liberia
Individui
Dr. Frene Ginwala, ex portavoce della South African National Assembly
Filosofo Francis Fukuyama
Mohamed Eljahmi, attivista libico per i diritti umani
Glenn P. Johnson, Jr., Tesoriere, Victims of Pan Am Flight 103, Inc., padre di Beth Ann Johnson, vittima dell’attentato di Lockerbie
Fonte: UN Watch (vedere nota 1)
Traduzione di Alessandro Lattanzio
http://sitoaurora.altervista.org/home.htm
http://aurorasito.wordpress.com
Fonte: http://dondebar.blogspot.com/2011/09/libya-and-big-lie-using-human-rights.html
sabato 24 settembre 2011
«Il nuovo piano paesaggistico devasterà la bellezza dell'isola»
«Il nuovo PPR devasterà l'isola»
di Pier Giorgio Pinna
Da: La Nuova Sardegna, 23 settembre 2011.
Non piace per niente quel che sta succedendo in Sardegna a Salvatore Settis, uno dei massimi esperti di gestione dei beni culturali e di tutela del paesaggio. «Con il governatore Renato Soru l'isola aveva espresso un momento alto per la difesa del territorio non a livello regionale ma nazionale: ora da locomotiva d'Italia la Sardegna rischia di diventare l'ultima ruota del carro», spiega lo specialista, che negli anni scorsi si è occupato di temi ambientali scottanti nell'isola, primo fra tutti il caso Tuvixeddu, l'antica necropoli in pericolo nel cuore di Cagliari.
Archeologo, docente universitario, ex direttore della Scuola Normale di Pisa, storico dell'arte, recentemente Settis ha scritto per Einaudi un libro dal titolo emblematico di una realtà in negativo: «Paesaggio, Costituzione, Cemento». Calabrese di Rosarno, 70 anni, è autore di numerosi altri saggi su questi argomenti ed è membro di diverse istituzioni accademiche internazionali.
- La giunta regionale di centrodestra vuole cambiare il piano paesaggistico voluto dal precedente governo di centrosinistra. Perché non è d'accordo su quest'impostazione? Ritiene possano esserci danni per l'ambiente?
«Questo non è un progetto alternativo, è la semplice distruzione del precedente piano per lasciare spazio al cemento. L'isola nel 2005 si era mossa all'avanguardia per proteggere le coste, sino a diventare un importante riferimento. L'idea che viene avanzata adesso per stravolgere tutto il sistema non può dunque che essere giudicata in maniera molto sfavorevole».
- Per quali ragioni, esattamente?
«La revisione apre la strada alla speculazione edilizia. Una minaccia che, detto per inciso, incombe su tutta l'Italia, non solo sulla Sardegna. Ma il pericolo assume nell'isola una valenza particolare».
- Perché?
«Non si capisce il motivo per cui prima di pensare a nuove costruzioni non si affronti il recupero dei centri semispopolati, la questione dei villaggi abbandonati o disabitati. Non si comprende insomma il mancato ricorso a una politica del riuso di paesini e borghi a volte bellissimi e che, a ogni modo, appartengono alla storia del territorio. Favorendo nuove costruzioni si farebbero nascere i soliti posti per vacanze ormai uguali in tutto il Mediterraneo, dalla Tunisia al Marocco».
- Entrando nello specifico, che cosa pensa di una revisione dei vincoli a salvaguardia delle coste?
«La logica d'azione è la stessa del piano casa lanciato dal governo Berlusconi. Una logica fondata sull'illegalità. Dov'è infatti la norma che a livello nazionale dovrebbe consentire l'attuazione del patto a suo tempo annunciato con le Regioni? Non esiste. Quindi tutti i piani casa varati dalle amministrazioni regionali, compresi quelli fatti dagli esecutivi di centrosinistra, non sono legittimi».
- Nella bozza della giunta Cappellacci si fa riferimento a una quantità di deroghe e alla possibilità di un aumento di volumetrie sino al 25%.
«Che cosa aggiungere? Vale sempre lo stesso discorso, così come per le modifiche ipotizzate sugli indici di fabbricabilità nelle zone interne. Non si capisce quale idea di Sardegna si vuole. Mentre è chiaro un altro aspetto: la straordinaria bellezza dell'isola potrebbe essere alterata in modo devastante».
- A suo modo di vedere, è sbagliato eliminare le intese Comuni-Regione e dare eccessivo spazio alle amministrazioni locali nella difesa di beni che contribuiscono a definire l'identità culturale dell'isola?
«Nessuno si può sognare di fare quel che vuole. E bisogna che i sindaci per primi svolgano correttamente la loro parte. Perché tutti devono rispettare il Codice dei beni dello Stato. Un Codice che prevede una serie di azioni concordate, con responsabilità condivise, tra Municipi, Unioni o Consorzi di Comuni, Province e Regione. In Italia il paesaggio è il grande malato: per curarlo bisogna chiamare a consulto tutti i medici».
- E in Sardegna?
«L'isola non fa eccezione. Anche perché finora ha spesso dimostrato di sapersi difendere meno di altre realtà. Guardiamo, per esempio, la Corsica: là i litorali sono stati preservati molto meglio, i corsi sono riusciti a farsi rispettare più dei sardi. Ma noto che le cose cambiano, che da qualche tempo la sensibilità per la tutela del paesaggio cresce e che i comitati di salvaguardia si stanno moltiplicando ovunque».
- È favorevole all'espansione dei campi da golf e dei porti turistici con sviluppo di residenze e servizi collegati lungo i litorali dell'isola?
«Come potrei esserlo? È una strategia che punta ad assecondare soltanto le passioni dei ricchi. Ma che si rivela estremamente nociva per il territorio. Oltre che, naturalmente, a prevedere profitti solo per le imprese che operano nel settore delle costruzioni».
- In definitiva, che giudizio dà di una revisione della legge salvacoste?
«Mi pare di averlo già detto in modo chiaro: del tutto negativo. E a tutti coloro che parlano soltanto della necessità di costruire di più faccio a mia volta una domanda. Da vent'anni Berlusconi e quelli che la pensano come lui si affannano a sostenere che l'edilizia è il principale motore dell'Italia: ma allora come mai la nostra economia è ferma e le agenzie internazionali ci continuano a declassare?»
di Pier Giorgio Pinna
Da: La Nuova Sardegna, 23 settembre 2011.
Non piace per niente quel che sta succedendo in Sardegna a Salvatore Settis, uno dei massimi esperti di gestione dei beni culturali e di tutela del paesaggio. «Con il governatore Renato Soru l'isola aveva espresso un momento alto per la difesa del territorio non a livello regionale ma nazionale: ora da locomotiva d'Italia la Sardegna rischia di diventare l'ultima ruota del carro», spiega lo specialista, che negli anni scorsi si è occupato di temi ambientali scottanti nell'isola, primo fra tutti il caso Tuvixeddu, l'antica necropoli in pericolo nel cuore di Cagliari.
Archeologo, docente universitario, ex direttore della Scuola Normale di Pisa, storico dell'arte, recentemente Settis ha scritto per Einaudi un libro dal titolo emblematico di una realtà in negativo: «Paesaggio, Costituzione, Cemento». Calabrese di Rosarno, 70 anni, è autore di numerosi altri saggi su questi argomenti ed è membro di diverse istituzioni accademiche internazionali.
- La giunta regionale di centrodestra vuole cambiare il piano paesaggistico voluto dal precedente governo di centrosinistra. Perché non è d'accordo su quest'impostazione? Ritiene possano esserci danni per l'ambiente?
«Questo non è un progetto alternativo, è la semplice distruzione del precedente piano per lasciare spazio al cemento. L'isola nel 2005 si era mossa all'avanguardia per proteggere le coste, sino a diventare un importante riferimento. L'idea che viene avanzata adesso per stravolgere tutto il sistema non può dunque che essere giudicata in maniera molto sfavorevole».
- Per quali ragioni, esattamente?
«La revisione apre la strada alla speculazione edilizia. Una minaccia che, detto per inciso, incombe su tutta l'Italia, non solo sulla Sardegna. Ma il pericolo assume nell'isola una valenza particolare».
- Perché?
«Non si capisce il motivo per cui prima di pensare a nuove costruzioni non si affronti il recupero dei centri semispopolati, la questione dei villaggi abbandonati o disabitati. Non si comprende insomma il mancato ricorso a una politica del riuso di paesini e borghi a volte bellissimi e che, a ogni modo, appartengono alla storia del territorio. Favorendo nuove costruzioni si farebbero nascere i soliti posti per vacanze ormai uguali in tutto il Mediterraneo, dalla Tunisia al Marocco».
- Entrando nello specifico, che cosa pensa di una revisione dei vincoli a salvaguardia delle coste?
«La logica d'azione è la stessa del piano casa lanciato dal governo Berlusconi. Una logica fondata sull'illegalità. Dov'è infatti la norma che a livello nazionale dovrebbe consentire l'attuazione del patto a suo tempo annunciato con le Regioni? Non esiste. Quindi tutti i piani casa varati dalle amministrazioni regionali, compresi quelli fatti dagli esecutivi di centrosinistra, non sono legittimi».
- Nella bozza della giunta Cappellacci si fa riferimento a una quantità di deroghe e alla possibilità di un aumento di volumetrie sino al 25%.
«Che cosa aggiungere? Vale sempre lo stesso discorso, così come per le modifiche ipotizzate sugli indici di fabbricabilità nelle zone interne. Non si capisce quale idea di Sardegna si vuole. Mentre è chiaro un altro aspetto: la straordinaria bellezza dell'isola potrebbe essere alterata in modo devastante».
- A suo modo di vedere, è sbagliato eliminare le intese Comuni-Regione e dare eccessivo spazio alle amministrazioni locali nella difesa di beni che contribuiscono a definire l'identità culturale dell'isola?
«Nessuno si può sognare di fare quel che vuole. E bisogna che i sindaci per primi svolgano correttamente la loro parte. Perché tutti devono rispettare il Codice dei beni dello Stato. Un Codice che prevede una serie di azioni concordate, con responsabilità condivise, tra Municipi, Unioni o Consorzi di Comuni, Province e Regione. In Italia il paesaggio è il grande malato: per curarlo bisogna chiamare a consulto tutti i medici».
- E in Sardegna?
«L'isola non fa eccezione. Anche perché finora ha spesso dimostrato di sapersi difendere meno di altre realtà. Guardiamo, per esempio, la Corsica: là i litorali sono stati preservati molto meglio, i corsi sono riusciti a farsi rispettare più dei sardi. Ma noto che le cose cambiano, che da qualche tempo la sensibilità per la tutela del paesaggio cresce e che i comitati di salvaguardia si stanno moltiplicando ovunque».
- È favorevole all'espansione dei campi da golf e dei porti turistici con sviluppo di residenze e servizi collegati lungo i litorali dell'isola?
«Come potrei esserlo? È una strategia che punta ad assecondare soltanto le passioni dei ricchi. Ma che si rivela estremamente nociva per il territorio. Oltre che, naturalmente, a prevedere profitti solo per le imprese che operano nel settore delle costruzioni».
- In definitiva, che giudizio dà di una revisione della legge salvacoste?
«Mi pare di averlo già detto in modo chiaro: del tutto negativo. E a tutti coloro che parlano soltanto della necessità di costruire di più faccio a mia volta una domanda. Da vent'anni Berlusconi e quelli che la pensano come lui si affannano a sostenere che l'edilizia è il principale motore dell'Italia: ma allora come mai la nostra economia è ferma e le agenzie internazionali ci continuano a declassare?»
martedì 13 settembre 2011
Gasdotto algerino attraverserà la Sardegna
La "Grande Muraglia"...attraverserà e dividerà in due la SARDEGNA con una condotta di circa 120cm di diametro;
Questo è un piccolo riassunto della triste realtà che si sta già iniziando a costruire:
ci vorranno circa 20anni per costruirla, e in Algeria è stimato che ci sia Gas per 25;
dovrà avere come minimo 40metri di larghezza per il passaggio;
attraversa fiumi e laghi;
nel mare arriva a 2800metri di profondità;
i terreni attraversati verranno espropriati, ed il loro valore scenderà del 90%;
il rischio incidenti e altissimo;
ma la cosa più sorprendente è che,
alla Sardegna,
non verrà concesso neanche un litro di GAS.
Non siamo d'accordo col Gasdotto GALSI!
Perchè vogliono SBUDELLARE la Sardegna per far passare un tubo che porterà benefici esclusivamente agli SPECULATORI che non rispettano l'Ambiente, la Fauna, i Siti archeologici e le
zone di rilevanza storica compromettendoli in modo irrimediabile?
In Sardegna le materie prime per le fonti di energia esistono in quantità INESAURIBILE a costo ZERO come il Sole, Vento e Mare disponibili senza eseguire lavori che deturpano l'Ambiente e compromettono irreversibilmente il nostro paesaggio aereo e sotterraneo.
La Sardegna PRODUCE energia oltre il suo FABBISOGNO, ma il POPOLO SARDO paga la bolletta più cara d'Italia.
Il gasdotto comprometterebbe zone di importanti fatti storici e archeologici della Sardegna.
Leggete cosa scriveva l'Unione Sarda il 23 Settembre 2009:
Le riserve dei biologi marini
sulla posa del metanodotto Galsi
Dopo la protesta degli ecologisti per i rischi che correrebbe la fauna delle paludi, ora anche i biologi marini lanciano l'allarme per i danni che il metanodotto provocherebbe alla Posidonia e alle nacchere del Golfo di Palmas. In un'accurata relazione inviata al Ministero dell'Ambiente, alla Regione e all'Unione europea, un'équipe di biologi ha evidenziato quelle che vengono considerate come le inesattezze insite nello studio di indagine ambientale preliminare per la posa del gasdotto che dall'Algeria approderà sul litorale di Porto Botte. Un mese fa, i primi a preoccuparsi per il tracciato sulla terraferma erano stati i dirigenti del Gruppo di intervento giuridico e Amici della Terra: facevano notare che la condotta avrebbe attraversato una palude diventata un sito per la riproduzione di decine di uccelli palustri protetti.
I biologi marini contestano, inoltre, un altro aspetto sulla carta non meno rilevante di quelli affrontati dai gruppi ambientalisti: «L'indagine del Galsi - precisa Paula Turella, portavoce del gruppo di esperti - sorvola dati indispensabili quali la larghezza e la profondità dello scavo nel Golfo di Palmas in prossimità del litorale: così non è possibile valutare neppure la quantità di sedimenti smossi né definire quanta prateria di Posidonia verrà coinvolta, pianta notoriamente fondamentale per l'ossigenazione di quel tratto di mare e per le specie che vi hanno creato l'habitat». Altra specie a rischio sarebbe la Pinna Nobilis, meglio nota come nacchera. Nel Golfo di Palmas si ritiene esiste uno dei più vasti banchi di tutto il Mediterraneo: Ha un'importanza ambientale - aggiunge Paola Turella - e culturale per la lavorazione del bisso». Anche le spiagge, concludono gli esperti, verrebbero danneggiate dalla posa della condotta. I biologi marini chiedono, infine, dati molto più precisi ed esaustivi sugli effetti della posa del gasdotto.
Al seguente link hanno creato un blog sul problema del gasdotto.
http://www.prosardegnanogasdotto.blogspot.com/
Questo è un piccolo riassunto della triste realtà che si sta già iniziando a costruire:
ci vorranno circa 20anni per costruirla, e in Algeria è stimato che ci sia Gas per 25;
dovrà avere come minimo 40metri di larghezza per il passaggio;
attraversa fiumi e laghi;
nel mare arriva a 2800metri di profondità;
i terreni attraversati verranno espropriati, ed il loro valore scenderà del 90%;
il rischio incidenti e altissimo;
ma la cosa più sorprendente è che,
alla Sardegna,
non verrà concesso neanche un litro di GAS.
Non siamo d'accordo col Gasdotto GALSI!
Perchè vogliono SBUDELLARE la Sardegna per far passare un tubo che porterà benefici esclusivamente agli SPECULATORI che non rispettano l'Ambiente, la Fauna, i Siti archeologici e le
zone di rilevanza storica compromettendoli in modo irrimediabile?
In Sardegna le materie prime per le fonti di energia esistono in quantità INESAURIBILE a costo ZERO come il Sole, Vento e Mare disponibili senza eseguire lavori che deturpano l'Ambiente e compromettono irreversibilmente il nostro paesaggio aereo e sotterraneo.
La Sardegna PRODUCE energia oltre il suo FABBISOGNO, ma il POPOLO SARDO paga la bolletta più cara d'Italia.
Il gasdotto comprometterebbe zone di importanti fatti storici e archeologici della Sardegna.
Leggete cosa scriveva l'Unione Sarda il 23 Settembre 2009:
Le riserve dei biologi marini
sulla posa del metanodotto Galsi
Dopo la protesta degli ecologisti per i rischi che correrebbe la fauna delle paludi, ora anche i biologi marini lanciano l'allarme per i danni che il metanodotto provocherebbe alla Posidonia e alle nacchere del Golfo di Palmas. In un'accurata relazione inviata al Ministero dell'Ambiente, alla Regione e all'Unione europea, un'équipe di biologi ha evidenziato quelle che vengono considerate come le inesattezze insite nello studio di indagine ambientale preliminare per la posa del gasdotto che dall'Algeria approderà sul litorale di Porto Botte. Un mese fa, i primi a preoccuparsi per il tracciato sulla terraferma erano stati i dirigenti del Gruppo di intervento giuridico e Amici della Terra: facevano notare che la condotta avrebbe attraversato una palude diventata un sito per la riproduzione di decine di uccelli palustri protetti.
I biologi marini contestano, inoltre, un altro aspetto sulla carta non meno rilevante di quelli affrontati dai gruppi ambientalisti: «L'indagine del Galsi - precisa Paula Turella, portavoce del gruppo di esperti - sorvola dati indispensabili quali la larghezza e la profondità dello scavo nel Golfo di Palmas in prossimità del litorale: così non è possibile valutare neppure la quantità di sedimenti smossi né definire quanta prateria di Posidonia verrà coinvolta, pianta notoriamente fondamentale per l'ossigenazione di quel tratto di mare e per le specie che vi hanno creato l'habitat». Altra specie a rischio sarebbe la Pinna Nobilis, meglio nota come nacchera. Nel Golfo di Palmas si ritiene esiste uno dei più vasti banchi di tutto il Mediterraneo: Ha un'importanza ambientale - aggiunge Paola Turella - e culturale per la lavorazione del bisso». Anche le spiagge, concludono gli esperti, verrebbero danneggiate dalla posa della condotta. I biologi marini chiedono, infine, dati molto più precisi ed esaustivi sugli effetti della posa del gasdotto.
Al seguente link hanno creato un blog sul problema del gasdotto.
http://www.prosardegnanogasdotto.blogspot.com/
mercoledì 31 agosto 2011
"VERGOGNA". I costi dei politici.
E Qualcuno dovrebbe vergognarsi.
Omeopatia, dentista e psicologo tutti i rimborsi per i deputati
Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti
l'assistenza sanitaria integrativa dei deputati. Si tratta di costi per
cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui
prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza
privata finanziata da Montecitorio. A rendere pubblici questi dati sono
stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenza
denominata Parlamento WikiLeaks.
Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non
solo ai 630 onorevoli. Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per
volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i
conviventi more uxorio.
Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10
milioni e 117mila euro. Tre milioni e 92mila euro per spese
odontoiatriche.
Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in
ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche
private). Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per
fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro. Quattrocentottantotto mila
euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai
problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.
Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e
138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro. I deputati si sono anche
fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno
chiesto il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila
euro di ticket.
Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati,
tuttavia, sono stati desegretati. "Abbiamo chiesto - dice la Bernardini -
quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune
prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio
balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura
(ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per
chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li
hanno voluti dare". Perché queste informazioni restano riservate, non
accessibili?
Cosa c'è da nascondere?
Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: "Il
sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla
Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto
del principio generale dell'accesso agli atti in base al quale la domanda
non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione dei dati da
parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire
le informazioni secondo le modalità richieste".
Il partito di Pannella, a questo proposito, è contrario. "Non ritengo -
spiega la deputata Rita Bernardini - che la Camera debba provvedere a dare
una assicurazione integrativa. Ogni deputato potrebbe benissimo farsela
per conto proprio avendo gia l'assistenza che hanno tutti i cittadini
italiani.
Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un
privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di
25 mila euro mensili, a farsi un'assicurazione privata. Non si capisce
perché questa 'mutua integrativà la debba pagare la Camera facendola
gestire direttamente dai Questori". "Secondo noi - aggiunge - basterebbe
semplicemente non prevederla e quindi far risparmiare alla collettività
dieci milioni di euro all'anno".
Mentre a noi tagliano sull'assistenza sanitaria e sociale è deprimente scoprire che alla casta rimborsano anche massaggi e chirurgie plastiche private - è il commento del presidente dell'ADICO, Carlo Garofolini - e sempre nel massimo silenzio di tutti.
...E NON FINISCE QUI...
“FANNO FINTA DI LITIGARE MA PER LORO E’ SEMPRE FESTA”
Sull'Espresso di qualche settimana fa c'era un articoletto che spiega che recentemente il Parlamento ha votato all'UNANIMITA' e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa € 1.135,00 al mese.
Inoltre la mozione e stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali.
STIPENDIO Euro 19.150,00 AL MESE
STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese
PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)
RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese
INDENNITA' DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00)
TUTTI ESENTASSE
+
TELEFONO CELLULARE gratis
TESSERA DEL CINEMA gratis
TESSERA TEATRO gratis
TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA gratis
FRANCOBOLLI gratis
VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis
PISCINE E PALESTRE gratis
FS gratis
AEREO DI STATO gratis
AMBASCIATE gratis
CLINICHE gratis
ASSICURAZIONE INFORTUNI gratis
ASSICURAZIONE MORTE gratis
AUTO BLU CON AUTISTA gratis
RISTORANTE gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00). Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi (41 anni per il pubblico impiego)
Circa Euro 103.000,00 li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera. (Es: la sig.ra Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l'auto blu ed una scorta sempre al suo servizio)
La classe politica ha causato al paese un danno di 1 MILIARDO e 255 MILIONI di EURO.
La sola camera dei deputati costa al cittadino Euro 2.215,00 al MINUTO !!
Far circolare. Si sta promuovendo un referendum per l'abolizione dei privilegi di tutti i parlamentari. Queste informazioni possono essere lette solo attraverso Internet in quanto quasi tutti i mass media rifiutano di portarle a conoscenza degli italiani.
Omeopatia, dentista e psicologo tutti i rimborsi per i deputati
Per la prima volta viene tolto il segreto su quanto costa ai contribuenti
l'assistenza sanitaria integrativa dei deputati. Si tratta di costi per
cure che non vengono erogate dal sistema sanitario nazionale (le cui
prestazioni sono gratis o al più pari al ticket), ma da una assistenza
privata finanziata da Montecitorio. A rendere pubblici questi dati sono
stati i radicali che da tempo svolgono una campagna di trasparenza
denominata Parlamento WikiLeaks.
Va detto ancora che la Camera assicura un rimborso sanitario privato non
solo ai 630 onorevoli. Ma anche a 1109 loro familiari compresi (per
volontà dell'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini) i
conviventi more uxorio.
Ebbene, nel 2010, deputati e parenti vari hanno speso complessivamente 10
milioni e 117mila euro. Tre milioni e 92mila euro per spese
odontoiatriche.
Oltre tre milioni per ricoveri e interventi (eseguiti dunque non in
ospedali o strutture convenzionati dove non si paga, ma in cliniche
private). Quasi un milione di euro (976mila euro, per la precisione), per
fisioterapia. Per visite varie, 698mila euro. Quattrocentottantotto mila
euro per occhiali e 257mila per far fronte, con la psicoterapia, ai
problemi psicologici e psichiatrici di deputati e dei loro familari.
Per curare i problemi delle vene varicose (voce "sclerosante"), 28mila e
138 euro. Visite omeopatiche 3mila e 636 euro. I deputati si sono anche
fatti curare in strutture del servizio sanitario nazionale, e dunque hanno
chiesto il rimborso all'assistenza integrativa del Parlamento per 153mila
euro di ticket.
Ma non tutti i numeri sull'assistenza sanitaria privata dei deputati,
tuttavia, sono stati desegretati. "Abbiamo chiesto - dice la Bernardini -
quanti e quali importi sono stati spesi nell'ultimo triennio per alcune
prestazioni previste dal 'fondo di solidarietà sanitarià come ad esempio
balneoterapia, shiatsuterapia, massaggio sportivo ed elettroscultura
(ginnastica passiva). Volevamo sapere anche l'importo degli interventi per
chirurgia plastica, ma questi conti i Questori della Camera non ce li
hanno voluti dare". Perché queste informazioni restano riservate, non
accessibili?
Cosa c'è da nascondere?
Ecco il motivo di quel segreto secondo i Questori della Camera: "Il
sistema informatizzato di gestione contabile dei dati adottato dalla
Camera non consente di estrarre le informazioni richieste. Tenuto conto
del principio generale dell'accesso agli atti in base al quale la domanda
non può comportare la necessità di un'attività di elaborazione dei dati da
parte del soggetto destinatario della richiesta, non è possibile fornire
le informazioni secondo le modalità richieste".
Il partito di Pannella, a questo proposito, è contrario. "Non ritengo -
spiega la deputata Rita Bernardini - che la Camera debba provvedere a dare
una assicurazione integrativa. Ogni deputato potrebbe benissimo farsela
per conto proprio avendo gia l'assistenza che hanno tutti i cittadini
italiani.
Se gli onorevoli vogliono qualcosa di più dei cittadini italiani, cioè un
privilegio, possono pagarselo, visto che già dispongono di un rimborso di
25 mila euro mensili, a farsi un'assicurazione privata. Non si capisce
perché questa 'mutua integrativà la debba pagare la Camera facendola
gestire direttamente dai Questori". "Secondo noi - aggiunge - basterebbe
semplicemente non prevederla e quindi far risparmiare alla collettività
dieci milioni di euro all'anno".
Mentre a noi tagliano sull'assistenza sanitaria e sociale è deprimente scoprire che alla casta rimborsano anche massaggi e chirurgie plastiche private - è il commento del presidente dell'ADICO, Carlo Garofolini - e sempre nel massimo silenzio di tutti.
...E NON FINISCE QUI...
“FANNO FINTA DI LITIGARE MA PER LORO E’ SEMPRE FESTA”
Sull'Espresso di qualche settimana fa c'era un articoletto che spiega che recentemente il Parlamento ha votato all'UNANIMITA' e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa € 1.135,00 al mese.
Inoltre la mozione e stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali.
STIPENDIO Euro 19.150,00 AL MESE
STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese
PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)
RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese
INDENNITA' DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00)
TUTTI ESENTASSE
+
TELEFONO CELLULARE gratis
TESSERA DEL CINEMA gratis
TESSERA TEATRO gratis
TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA gratis
FRANCOBOLLI gratis
VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis
CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis
PISCINE E PALESTRE gratis
FS gratis
AEREO DI STATO gratis
AMBASCIATE gratis
CLINICHE gratis
ASSICURAZIONE INFORTUNI gratis
ASSICURAZIONE MORTE gratis
AUTO BLU CON AUTISTA gratis
RISTORANTE gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00). Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi (41 anni per il pubblico impiego)
Circa Euro 103.000,00 li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera. (Es: la sig.ra Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l'auto blu ed una scorta sempre al suo servizio)
La classe politica ha causato al paese un danno di 1 MILIARDO e 255 MILIONI di EURO.
La sola camera dei deputati costa al cittadino Euro 2.215,00 al MINUTO !!
Far circolare. Si sta promuovendo un referendum per l'abolizione dei privilegi di tutti i parlamentari. Queste informazioni possono essere lette solo attraverso Internet in quanto quasi tutti i mass media rifiutano di portarle a conoscenza degli italiani.
venerdì 26 agosto 2011
La Libia di Gheddafi. Dittatura?
Gheddafi: " Libia libera dagli invasori colonizzatori stranieri". Fino a 5 mesi fa era la prima economia africana. Ecco la Libia di Muammar Gheddafi:
■ elettricità domestica gratuita per tutti;
■ acqua domestica gratuita per tutti;
■ il prezzo della benzina 0,08 euro al litro;
■ il costo della vita in Libia è molto meno caro di quello dei paesi occidentali. Es. il costo di una mezza baguette di pane in Francia costa più o meno 0,40 euro, quando in Libia costa solo 0,11 euro;
■ le banche libiche accordano prestiti senza interessi;
■ i cittadini non hanno tasse da pagaren e l’IVA non esiste;
■ la Libia non ha debito pubblico;
■ il prezzo delle vetture (Chevrolet, Toyota, Nissan ecc.) è al prezzo di costo;
■ per ogni studente che vuole andare a studiare all’estero, il governo attribuisce una borsa di 1 627,11 Euro al mese;
■ tutti gli studenti diplomati ricevono lo stipendio medio della professione scelta se non riescono a trovare lavoro;
■ quando una coppia si sposa, lo Stato paga il primo appartamento o casa (150 metri quadrati);
■ ogni famiglia libica, previa presentazione del libretto di famiglia, riceve un aiuto di 300 euro al mese;
■ esistono dei posti chiamati « Jamaiya », dove si vendono a metà prezzo i prodotti alimentari per tutte le famiglie numerose, previa presentazione del libretto di famiglia;
■ tutti i pensionati ricevono un aiuto di 200 euro al mese, oltre la pensione;
■ per tutti gli impiegati pubblici in caso di mobilità necessaria attraverso la Libia, lo Stato fornisce una vettura e una casa a titolo gratuito. Dopo qualche tempo questi beni diventano di proprietà dell’impiegato.
■ nel servizio pubblico, anche se la persona si assenta uno o due giorni, non vi è alcuna riduzione di stipendio e non è richiesto alcun certificato medico;
■ tutti i cittadini della libia che non hanno una casa, possono iscriversi a una particolare organizzazione statale che gli attribirà una casa senza alcuna spesa e senza credito. Il diritto alla casa è fondamentale in Libia. E una casa deve essere di chi la occupa;
■ tutti i cittadini libici che vogliono fare dei lavori nella propria casa possono iscriversi a una particolare organizzazione, e questi lavori saranno effettutati gratuitamente da aziende scelte dallo Stato;
■ l’eguaglianza tra uomo e donna è un punto cardine per la Libia, le donne hanno accesso a importanti funzioni e posizioni di responsabilità;
■ ogni cittadino o cittadina della Libia si puo’ investire nella vita politica e nella gestione degli affari pubblici, a livello locale, regionale e nazionale, in un sistema di DEMOCRAZIA DIRETTA (iniziando dal Congresso popolare di base, permanente, fino ad arrivare al Congresso generale del popolo, il grande Congresso nazionale che si riunisce una volta all’anno).
■ elettricità domestica gratuita per tutti;
■ acqua domestica gratuita per tutti;
■ il prezzo della benzina 0,08 euro al litro;
■ il costo della vita in Libia è molto meno caro di quello dei paesi occidentali. Es. il costo di una mezza baguette di pane in Francia costa più o meno 0,40 euro, quando in Libia costa solo 0,11 euro;
■ le banche libiche accordano prestiti senza interessi;
■ i cittadini non hanno tasse da pagaren e l’IVA non esiste;
■ la Libia non ha debito pubblico;
■ il prezzo delle vetture (Chevrolet, Toyota, Nissan ecc.) è al prezzo di costo;
■ per ogni studente che vuole andare a studiare all’estero, il governo attribuisce una borsa di 1 627,11 Euro al mese;
■ tutti gli studenti diplomati ricevono lo stipendio medio della professione scelta se non riescono a trovare lavoro;
■ quando una coppia si sposa, lo Stato paga il primo appartamento o casa (150 metri quadrati);
■ ogni famiglia libica, previa presentazione del libretto di famiglia, riceve un aiuto di 300 euro al mese;
■ esistono dei posti chiamati « Jamaiya », dove si vendono a metà prezzo i prodotti alimentari per tutte le famiglie numerose, previa presentazione del libretto di famiglia;
■ tutti i pensionati ricevono un aiuto di 200 euro al mese, oltre la pensione;
■ per tutti gli impiegati pubblici in caso di mobilità necessaria attraverso la Libia, lo Stato fornisce una vettura e una casa a titolo gratuito. Dopo qualche tempo questi beni diventano di proprietà dell’impiegato.
■ nel servizio pubblico, anche se la persona si assenta uno o due giorni, non vi è alcuna riduzione di stipendio e non è richiesto alcun certificato medico;
■ tutti i cittadini della libia che non hanno una casa, possono iscriversi a una particolare organizzazione statale che gli attribirà una casa senza alcuna spesa e senza credito. Il diritto alla casa è fondamentale in Libia. E una casa deve essere di chi la occupa;
■ tutti i cittadini libici che vogliono fare dei lavori nella propria casa possono iscriversi a una particolare organizzazione, e questi lavori saranno effettutati gratuitamente da aziende scelte dallo Stato;
■ l’eguaglianza tra uomo e donna è un punto cardine per la Libia, le donne hanno accesso a importanti funzioni e posizioni di responsabilità;
■ ogni cittadino o cittadina della Libia si puo’ investire nella vita politica e nella gestione degli affari pubblici, a livello locale, regionale e nazionale, in un sistema di DEMOCRAZIA DIRETTA (iniziando dal Congresso popolare di base, permanente, fino ad arrivare al Congresso generale del popolo, il grande Congresso nazionale che si riunisce una volta all’anno).
giovedì 25 agosto 2011
martedì 23 agosto 2011
Lettera al Presidente Napolitano
Presidente, basta.
da Furiodetti
Fonte: Paperblog di oggi.
Ho letto e riletto, e riletto, con attenzione e trasporto le Sue pagine del discorso al meeting CL di Rimini. Le risparmio facili ironie, fra cui il soprannome - secondo me azzeccato - che circola in rete sull'uditorio a cui Lei si è istituzionalmente rivolto. Mi limiterò al senso e a una modesta esegesi delle Sue parole, nulla di più. E basta.
Lei parla di "respiro storico e ideale del dibattito nazionale" io parlo di "fiato" e Le dico molto pianamente che la nazione, di fiato, non ne ha più, e da un bel po'. Se Lei si prendesse la briga di vivere come un normale cittadino vedrebbe che al di là di un finto benessere nevrotico e compulsivo, fatto di SUV, vacanze-a-tutti-i-costi, parrucchieri&estetisti, acquisti dettati dalla rabbia e dalla frustrazione, gli Italiani sono un popolo impoverito, indebitato, preso alla gola. Senza futuro, né speranza. Non c'è fiato dentro le code che usano quotidianamente le carte di credito - dovrebbero chiamarle carte di debito, semmai! - non c'è fiato, né dignità di sé, in questo carnaio di controesodo estivo prima del disastro; vedrebbe anche, se si spingesse più a fondo nelle nostre strade e nelle nostre vite, la rinuncia e la disperazione di quegli invisibili, sempre più numerosi, che non possono neanche permettersi la nevrosi del credito al consumo. Io li vedo, si chiamano nel gergo del mio lavoro pubblico: "famiglie disagiate", e ne vedo diverse. Sempre di più anche se per pudore cercano di apparire comprensibilmente sempre meno. La povertà fa puzza, Presidente. E basta.
Lei parla di "dura crisi di fiducia e pesanti scosse e rischi sui mercati finanziari", io parlo di infame speculazione di un sistema che ha scritto le due parole "intermediazione finanziaria" e le ha spennellate al retro di colla al sangue e le ha fatte etichetta legale e rispettabile sulla pratica odiosa, assassina e criminosa chiamata usura: un sistema assassino che privatizza i profitti e socializza i costi, sempre, sistematicamente, i costi diretti e specialmente indiretti. Io parlo di consigli di amministrazione che strangolano fisicamente anche se immaterialmente lavoratori, pensionati, donne, uomini e bambini. Che fabbricano ricavi fittizi con ristrutturazioni che sanno solo spremere alla midolla e infine licenziare chi sgobba e premiare chi - agli alti piani - costruisce bolle sempre più esplosive, ma se ne andrà sempre con buone uscite milionarie, mentre i sottoposti in lacrime ficcano i loro effetti nelle scatole di cartone. Mentre chi resta è obbligato a competere col simile a colpi bassi, ricattato con parole come "produttività" e "budget" e arriva persino a sentirsi in colpa se non dedica la sua vita al Moloch del management. Io Le parlo di blasonati "analisti" che apparentemente non sono stati capaci di individuare le crisi, crescenti e ricorrenti, del loro folle sistema, Le parlo di apparenza perché ho il fondato sospetto che lorsignori, usciti dalle migliori accademie, abbiano in realtà studiato queste crisi a fondo e le abbiano scientemente preparate, pianificate e incoraggiate per trasformarle in una vacca d'oro per i loro padroni. La scienza del profitto non cresce sugli alberi, ma è parto perfezionato dell'accademia borghese. Io Le parlo di speculatori che scommettono sul collasso di economie, nazioni e popoli e che pilotano i media per intontire questi ronzini tremanti e squassati, votati al macello a scommessa dei Credit Default Swap. Per dirne una sola, delle diecimila trappole. Presidente sono uno che ha il grave difetto di leggere libri, anche di economia, e documentarsi. E tutto questo si chiama usura e rapina. Oro liquido distillato dal sangue e dalla disperazione. E basta.
Lei parla di smarrimento "negli itinerari dell'educazione, della comunicazione, della discussione pubblica, della partecipazione politica". Io Le parlo di una politica che ha agevolato l'economia di cui sopra nel preparare e diffondere con i media - la televisione, privata prima, e poi pubblica come veicolo principe - un'incultura dell'apparenza, della menzogna, dell'avere sull'essere, dello sradicamento delle identità culturali e etniche, da quelle locali a quelle nazionali, e vilificazione delle stesse a divertente e innocuo folklore, o peggio di teatrino farlocco con cui spacciare partiti ormai artificiali, pienamente integrati nella macchina, che hanno da anni tradito le loro buone radici. Le parlo di un'incultura fatta di uniformità al pensiero unico, obbedienza dogmatica alle ipocrisie ributtanti del politicamente corretto e criminalizzazione del dissenso, specialmente se fondato e capace di svegliare il popolo dalla sua narcosi. Io Le parlo di diseducazione. Le parlo di una comunicazione fraudolenta basata sulla rissa, sul non approfondimento, sulla banalizzazione del complesso e sulla complessità del fumo gettato per far avanzare le parole d'ordine del momento, per esecrare i bersagli di comodo e anestetizzare il dissenso a comando, criminalizzando ogni speranza di rivolta e cambiamento contro questo meccanismo bugiardo e infame. Le parlo di media che cantano la ninna nanna alle nazioni o suadenti canti da sirena, mentre il grande capitale e la grande finanza, le famose plutocrazie mai morte, affondano lo stiletto al cuore, meglio di un qualunque Caserio. In un gioco delle parti sin troppo invertito. Le parlo di forze politiche che hanno fatto di questo sistema diseducativo benzina per il loro apparato e preparazione metodica del consenso bovino. Riducendo la discussione pubblica agli allarmi di comodo, creati per nascondere i problemi reali e soprattutto occultare nomi e cognomi e specifiche responsabilità in questo disegno di rincoglionimento metodico, di obsolescenza programmata dello sdegno. Dentro una carogna da scannare, fuori l'altra. Carnaccia dopo carnaccia, Presidente. Sono stato dentro ai media per qualche tempo. So di cosa parlo. Le parlo di una politica che a parte "parole, parole, parole", a ogni livello, non ha mai fermato questo processo di conquista della comunicazione radiotelevisiva pubblica ma lo ha agevolato con leggi create ad hoc. Le parlo di una politica che ha ridotto l'istruzione a erogazione di un servizio afono, insipido, privo di senso e votato alla fabbricazione di teste conformi, invece di uomini che divengano tali. Le parlo di un sistema politico che ha offeso, deride, insulta e offende anche per bocca di ministri dell'esecutivo, senza sosta, chi - malpagato e defraudato di diritti e riconoscimento - cerca di dare ai bambini i mezzi per capire e diventare ciò che sono, nello spirito del pensiero e dell'uomo della polis greca. Sono dentro questa gogna da qualche anno, Presidente, e guardi che la gogna devo comunque ringraziarla, l'alternativa sarebbe peggiore. Pensi Lei. Le parlo di una partecipazione svuotata di senso poiché anno dopo anno, legislatura dopo legislatura, i politici - i professionisti della politica - in blocco hanno lavorato senza sosta a creare questa situazione disastrosa, in cambio di isole di privilegi, visibilità e rappresentanza surrettizia, ricoprendo con metodo e coscienza un ruolo puramente accessorio e piattamente strumentale ai desiderata del potere forte di cui sopra: l' economia della grande finanza. Le parlo di questo imbroglio che ha fabbricato cittadini disillusi e sfiduciati, rabbiosi, soli. Senza voce e soprattutto senza la speranza e la possibilità effettiva di cambiare la classe dirigente rinnovandola e rimuovendola quando inefficiente e persino dannosa ai reali interessi del popolo. Questo ci ammazza dentro: sapere che le cose stanno proprio così. Un popolo chiamato alle urne pro-forma poiché i giochi sono decisi altrove e da tempo. Un popolo che quando tenta di portare avanti la carretta della democrazia diretta nella forma dello strumento referendario - carretta fatta nascere per ovvie ragioni già sbilenca, caracollante, malandata e sconciata a dovere dai nostri illustri padri costituenti (un brindisi anche a loro) - è prima deriso dai politici, poi scoraggiato in mille modi dalla burocrazia necessaria a imbandire una consultazione referendaria, poi, se suo malgrado e a dispetto dei politici, la carretta si mette in moto, il popolo-bue è invitato a mollare il giogo, sbrigliarsi, fregarsene e andare al mare. L'urna a comando. Il popolo metta la crocetta solo quando fa comodo, elezioni politiche e amministrative, Presidente, altrimenti zitti e al mare (o ai monti), ma lontano dai seggi, per carità. Impotenza e basta.
Lei parla di uno "straordinario patrimonio di sensibilità, interesse culturale e morale, disponibilità a esprimersi e a impegnarsi, soprattutto fra i giovani". Io parlo dei giovani, ah i giovani! Quelli che sono stati rimossi dal sistema produttivo e trasformati in semplici consumatori, in problema (dis)occupazionale, in banali e bugiardi ritratti fabbricati dai media di cui sopra. In persone derise, insultate, offese da salari bassi, escluse dai concorsi pilotati nel pubblico e angariate dal privato, rimosse dagli studi dei liberi professionisti se per caso restano incinte (donne) o chiedono di essere pagati per lavorare (uomini), grazie alla felice balla della formazione, dello stagismo permanente. Stragismo, del futuro, semmai. Stragismo della speranza di avere indipendenza e serenità minime. Dignità. Un'oncia, mica che roba, poi. I giovani - battezzati Bamboccioni da uno dei soliti ministri, ora nel regno dei più - che devono solo ringraziare una classe produttiva e dirigente da gerontocomio per avere l'opportunità dello sgobbo semigratuito e del call-center o l'alternativa della schiavitù ammannita agli immigrati, sempre comodi per quanto denigrati, perché "fanno quei lavori (=schiavitù) che i giovani italiani non vogliono più fare". Comodissimo alibi, nevvero. Ho sentito storie di giovani restauratrici che rintracciavano capolavori da salvare, puntualmente assegnati ai soliti noti, o gestiti con procedure eufemisticamente catalogabili come ambigue e poco trasparenti presso gli uffici competenti, di gente costretta a rinunciare alle proprie competenze e talenti per sopravvivere dietro una cassa del supermercato o una boutique di guepieres. Ho saputo di centinaia di curricula inviati a vuoto senza lo straccio di una risposta. I giovani condannati a questo schifo dalla benefica globalizzazione. Realtà che, parafrasando uno statista dei tempi andati, il sottoscritto sa "sa per averlo provato", se non "cosa significhi la casa deserta e il desco nudo" certamente cosa significhi: "Amore hai 30 euro disponibili sul conto", al 12 del mese senza entrate fisse. Naturalmente quando il sottoscritto, laureato con lode, poliglotta e dotato di Master, ha goduto in pieno delle gioie e delle ricche opportunità fabbricate ad arte e beneficio dei soliti noti, dalle leggi Treu e Biagi. I nomi sono importanti Presidente e le responsabilità pure. Per dieci anni, questa non-vita infame mi son fatto. Passando da una formazione all'altra, da uno stage all'altro, da un corso di riqualificazione professionale all'altro. Inventandomi alta professionalità ma in cambio di una magrissima elemosina annuale per non entrare nel limbo di quelli che ciondolano al bar o crepano lentamente dentro senza alzarsi dal letto. Me la sono sciroppata come migliaia di giovani sensibili e vogliosi di impegno, questa roba. Un limbo disperato color piombo, che mi ha regalato la colite cronica, sì la diarrea, Presidente. Chiamiamo le cose col loro nome: diarrea. Cronica. Anche ora che, a partire dai miei 35 anni (il Mezzo del cammin della vita di un Dante Alighieri), ho la fortuna immensa di avere un'entrata fissa e "son contento". Per me l'ascesa all'Empireo è stato l'impiego. La mia Commedia personale. Dopo questo Inferno. Però, Presidente, di dantesco per quei giorni felici, assecondati dalle leggi firmate e controfirmate da Presidenza della Repubblica e Parlamento, mi è rimasto a contrappasso della dignità ritrovata, un piccolo ricordino infernale: un riservato, laghetto di escrementi permanente. Lasciando stare il fatto che non ho mai pensato di permettermi dei figli, se non da ora (ho 39 anni, classe del '72, secolo scorso, mia moglie pure). Si legga, se ne ha modo, Presidente, fra le tante, il libro di Aldo Nove Mi chiamo Roberta, ho 40 anni e guadagno 250 euro al mese, o si faccia un giro su http://www.anagrafeprecari.it/ per vedere i giovani, la maggioranza, che ancora scontano se han fortuna i gironi e le bolge del non-lavoro. La garrota dei Cocopro... degli atipici. Insomma, La parte peggiore del paese, Presidente, così la vostra politica li chiama, costoro. La parte peggiore. Di tal parte io ne feci parte. Per dieci anni. Una deprimente Iliade dei tempi moderni. La versione ingloriosa e trucida della guerra di Troia, legalizzata ad arte dai giuslavoristi. E basta.
Lei parla di "grandi riserve, di risorse umane e morali, di intelligenza e di lavoro di cui disponiamo". Io parlo, per le ragioni di cui sopra, di un paese e una politica che hanno assassinato il futuro dei giovani, costringendo i migliori di loro a fuggire all'estero, roba che le problematiche situazioni sociali e lavorative estere, che fanno dire ai nostri omologhi stranieri, europei e non, "che non c'è lavoro", fanno dire a questi miei amici emigrati che quei paesi, con tutti i loro problemi, gli sembrano comunque un Bengodi di opportunità, paragonati alla palude italica. Parlo di un paese e di una classe dirigente che stanno strangolando i pensionati e ridurli a fare da ammortizzatore sociale, per dare o acquistare un tetto a figli e nipoti che sono rimasti. Il libero mercato immobiliare e degli affitti. Mai sazio di forche e strangolamenti. Ce ne sarebbe una da aprire di porte sullo strazio e sui patiboli... Presidente, io dico che le risorse finiscono presto quando si strozzano tutti gli altri per regalare alla politica gli stipendi che prende e la possibilità di percepire vitalizi e pensioni dopo un pugno di mesi. Mentre nel frattempo si alza l'asticella per i poveri gonzi. E basta.
Lei parla di "coraggio e lungimiranza (...) della speranza della volontà dell'impegno", non chieda coraggio a chi è stato scientemente allevato a scoraggiarsi da decenni di questo andazzo, non chieda lungimiranza a chi è stato cacciato volutamente nel ghetto nero dell'impotenza e della rassegnazione, di faccia al muro del nulla. Non chieda impegno e volontà ai troppi che, per arricchire i pochi, sono stati sistematicamente defraudati delle condizioni minime per abbozzare un sorriso e pensare al futuro. Lei parla di "spirito di sacrificio e di massimo slancio creativo e innovativo" Non chieda questo, quando burocrazia, istituzioni, fisco e "buonsenso civico" sono stati per decenni la morte di ogni slancio, la bara gelida della creatività, la condanna di ogni rinnovamento. Lei parla di "ricostruzione e cambiamento" quando queste parole sono state giurate e spergiurate ogni dannato mese dalla classe politica, fino alla più radicale, ricostruita e rinnovata nausea, perché ogni mese successivo è stato fatto di tutto per impedire ogni ricostruzione di solidarietà, libertà, autonomia, con metodo e coerenza disumani. E basta.
Lei parla, ed è secondo me la cosa più grave, decisiva e seria del Suo intervento, dell'eventualità di "forze di maggioranza e di governo dominate dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea". Se la Sua valutazione risponde a verità, e non fosse, come temo sia, la riduzione in domanda retorica e minimizzazione in termini di linguaggio istituzionale di responsabilità enormi, colossali e reiterate nel tempo, Le chiedo, Presidente, che ruolo abbia mai ricoperto Lei in tutti questi anni quando leggi, provvedimenti e decreti di questo governo sono stati metodicamente avallati, accettati e controfirmati dalla Presidenza della Repubblica, con correttivi minimi e meramente di facciata, correttivi che, alla prova dei fatti, se mai introdotti, sono stati inefficaci poiché siamo giunti evidentemente a questo punto. Le chiedo questo e basta, Presidente Napolitano. Le chiedo se un qualunque Sandro Pertini, Suo predecessore, si sarebbe posto nello stesso modo di fronte a questa "propaganda", parole Sue. E basta.
del resto, tralasciando il ruolo del Governo e della Presidenza nelle missioni estere, per esempio l'attacco Nato alla Libia, paese con cui questo stesso Governo, che ora suona incoerentemente le trombe di guerra, aveva stretto un patto di reciproco riconoscimento, stima, onore e ausilio reciproco, un Patto di Amicizia, Presidente, non noccioline! Con quel Gheddafi il quale è chiamato tiranno e boia dalle stesse autorità e istituzioni che lo hanno riverito e accolto pochi mesi addietro come un principe a Roma.
Lei era presente, mi pare.
presidente, basta!
Tutto ciò tralasciando pure, ma non dovrei, il resto delle missioni di guerra in cui l'Italia - ex articolo 11 Cost. pare - si trova invischiata con rara devozione...
Le chiedo ora, Presidente Napolitano, se non sia il caso di dimettersi. Di dare seguito a un onesto: basta! Per coerenza.
Penso ed esercito tale diritto di critica e tale richiesta come cittadino, proprio sulla base di queste considerazioni e sulla scorta della Sua pur dubitativa e forse retorica questione della "propaganda" governativa; credo che Lei non abbia la scorta necessaria per dire quel che ha detto al meeting di CL, pensandoLa comunque, me ne dispiaccio io per primo e con il massimo rispetto, come uno dei peggiori e più silenti Presidenti della nostra storia repubblicana a fronte di tutte queste storture e monumentali incoerenze del sistema politico. Ho l'opinione che sia troppo tardi per suonare la campana, e dire, anzi denunciare, quel che ha detto. Cose che contrastano, a mio personale parere, drammaticamente con la più elementare evidenza. Con la più semplice e dovuta coerenza.
Presidente, basta!
P.S: A riprova di quanto affermo le mostro come la questione libica e la piega che sta prendendo denunciano le reali ragioni di tanto intervento umanitario. Si fregano le mani, perché stanno per allungarle su quello che appartiene al popolo libico.
da Furiodetti
Fonte: Paperblog di oggi.
Ho letto e riletto, e riletto, con attenzione e trasporto le Sue pagine del discorso al meeting CL di Rimini. Le risparmio facili ironie, fra cui il soprannome - secondo me azzeccato - che circola in rete sull'uditorio a cui Lei si è istituzionalmente rivolto. Mi limiterò al senso e a una modesta esegesi delle Sue parole, nulla di più. E basta.
Lei parla di "respiro storico e ideale del dibattito nazionale" io parlo di "fiato" e Le dico molto pianamente che la nazione, di fiato, non ne ha più, e da un bel po'. Se Lei si prendesse la briga di vivere come un normale cittadino vedrebbe che al di là di un finto benessere nevrotico e compulsivo, fatto di SUV, vacanze-a-tutti-i-costi, parrucchieri&estetisti, acquisti dettati dalla rabbia e dalla frustrazione, gli Italiani sono un popolo impoverito, indebitato, preso alla gola. Senza futuro, né speranza. Non c'è fiato dentro le code che usano quotidianamente le carte di credito - dovrebbero chiamarle carte di debito, semmai! - non c'è fiato, né dignità di sé, in questo carnaio di controesodo estivo prima del disastro; vedrebbe anche, se si spingesse più a fondo nelle nostre strade e nelle nostre vite, la rinuncia e la disperazione di quegli invisibili, sempre più numerosi, che non possono neanche permettersi la nevrosi del credito al consumo. Io li vedo, si chiamano nel gergo del mio lavoro pubblico: "famiglie disagiate", e ne vedo diverse. Sempre di più anche se per pudore cercano di apparire comprensibilmente sempre meno. La povertà fa puzza, Presidente. E basta.
Lei parla di "dura crisi di fiducia e pesanti scosse e rischi sui mercati finanziari", io parlo di infame speculazione di un sistema che ha scritto le due parole "intermediazione finanziaria" e le ha spennellate al retro di colla al sangue e le ha fatte etichetta legale e rispettabile sulla pratica odiosa, assassina e criminosa chiamata usura: un sistema assassino che privatizza i profitti e socializza i costi, sempre, sistematicamente, i costi diretti e specialmente indiretti. Io parlo di consigli di amministrazione che strangolano fisicamente anche se immaterialmente lavoratori, pensionati, donne, uomini e bambini. Che fabbricano ricavi fittizi con ristrutturazioni che sanno solo spremere alla midolla e infine licenziare chi sgobba e premiare chi - agli alti piani - costruisce bolle sempre più esplosive, ma se ne andrà sempre con buone uscite milionarie, mentre i sottoposti in lacrime ficcano i loro effetti nelle scatole di cartone. Mentre chi resta è obbligato a competere col simile a colpi bassi, ricattato con parole come "produttività" e "budget" e arriva persino a sentirsi in colpa se non dedica la sua vita al Moloch del management. Io Le parlo di blasonati "analisti" che apparentemente non sono stati capaci di individuare le crisi, crescenti e ricorrenti, del loro folle sistema, Le parlo di apparenza perché ho il fondato sospetto che lorsignori, usciti dalle migliori accademie, abbiano in realtà studiato queste crisi a fondo e le abbiano scientemente preparate, pianificate e incoraggiate per trasformarle in una vacca d'oro per i loro padroni. La scienza del profitto non cresce sugli alberi, ma è parto perfezionato dell'accademia borghese. Io Le parlo di speculatori che scommettono sul collasso di economie, nazioni e popoli e che pilotano i media per intontire questi ronzini tremanti e squassati, votati al macello a scommessa dei Credit Default Swap. Per dirne una sola, delle diecimila trappole. Presidente sono uno che ha il grave difetto di leggere libri, anche di economia, e documentarsi. E tutto questo si chiama usura e rapina. Oro liquido distillato dal sangue e dalla disperazione. E basta.
Lei parla di smarrimento "negli itinerari dell'educazione, della comunicazione, della discussione pubblica, della partecipazione politica". Io Le parlo di una politica che ha agevolato l'economia di cui sopra nel preparare e diffondere con i media - la televisione, privata prima, e poi pubblica come veicolo principe - un'incultura dell'apparenza, della menzogna, dell'avere sull'essere, dello sradicamento delle identità culturali e etniche, da quelle locali a quelle nazionali, e vilificazione delle stesse a divertente e innocuo folklore, o peggio di teatrino farlocco con cui spacciare partiti ormai artificiali, pienamente integrati nella macchina, che hanno da anni tradito le loro buone radici. Le parlo di un'incultura fatta di uniformità al pensiero unico, obbedienza dogmatica alle ipocrisie ributtanti del politicamente corretto e criminalizzazione del dissenso, specialmente se fondato e capace di svegliare il popolo dalla sua narcosi. Io Le parlo di diseducazione. Le parlo di una comunicazione fraudolenta basata sulla rissa, sul non approfondimento, sulla banalizzazione del complesso e sulla complessità del fumo gettato per far avanzare le parole d'ordine del momento, per esecrare i bersagli di comodo e anestetizzare il dissenso a comando, criminalizzando ogni speranza di rivolta e cambiamento contro questo meccanismo bugiardo e infame. Le parlo di media che cantano la ninna nanna alle nazioni o suadenti canti da sirena, mentre il grande capitale e la grande finanza, le famose plutocrazie mai morte, affondano lo stiletto al cuore, meglio di un qualunque Caserio. In un gioco delle parti sin troppo invertito. Le parlo di forze politiche che hanno fatto di questo sistema diseducativo benzina per il loro apparato e preparazione metodica del consenso bovino. Riducendo la discussione pubblica agli allarmi di comodo, creati per nascondere i problemi reali e soprattutto occultare nomi e cognomi e specifiche responsabilità in questo disegno di rincoglionimento metodico, di obsolescenza programmata dello sdegno. Dentro una carogna da scannare, fuori l'altra. Carnaccia dopo carnaccia, Presidente. Sono stato dentro ai media per qualche tempo. So di cosa parlo. Le parlo di una politica che a parte "parole, parole, parole", a ogni livello, non ha mai fermato questo processo di conquista della comunicazione radiotelevisiva pubblica ma lo ha agevolato con leggi create ad hoc. Le parlo di una politica che ha ridotto l'istruzione a erogazione di un servizio afono, insipido, privo di senso e votato alla fabbricazione di teste conformi, invece di uomini che divengano tali. Le parlo di un sistema politico che ha offeso, deride, insulta e offende anche per bocca di ministri dell'esecutivo, senza sosta, chi - malpagato e defraudato di diritti e riconoscimento - cerca di dare ai bambini i mezzi per capire e diventare ciò che sono, nello spirito del pensiero e dell'uomo della polis greca. Sono dentro questa gogna da qualche anno, Presidente, e guardi che la gogna devo comunque ringraziarla, l'alternativa sarebbe peggiore. Pensi Lei. Le parlo di una partecipazione svuotata di senso poiché anno dopo anno, legislatura dopo legislatura, i politici - i professionisti della politica - in blocco hanno lavorato senza sosta a creare questa situazione disastrosa, in cambio di isole di privilegi, visibilità e rappresentanza surrettizia, ricoprendo con metodo e coscienza un ruolo puramente accessorio e piattamente strumentale ai desiderata del potere forte di cui sopra: l' economia della grande finanza. Le parlo di questo imbroglio che ha fabbricato cittadini disillusi e sfiduciati, rabbiosi, soli. Senza voce e soprattutto senza la speranza e la possibilità effettiva di cambiare la classe dirigente rinnovandola e rimuovendola quando inefficiente e persino dannosa ai reali interessi del popolo. Questo ci ammazza dentro: sapere che le cose stanno proprio così. Un popolo chiamato alle urne pro-forma poiché i giochi sono decisi altrove e da tempo. Un popolo che quando tenta di portare avanti la carretta della democrazia diretta nella forma dello strumento referendario - carretta fatta nascere per ovvie ragioni già sbilenca, caracollante, malandata e sconciata a dovere dai nostri illustri padri costituenti (un brindisi anche a loro) - è prima deriso dai politici, poi scoraggiato in mille modi dalla burocrazia necessaria a imbandire una consultazione referendaria, poi, se suo malgrado e a dispetto dei politici, la carretta si mette in moto, il popolo-bue è invitato a mollare il giogo, sbrigliarsi, fregarsene e andare al mare. L'urna a comando. Il popolo metta la crocetta solo quando fa comodo, elezioni politiche e amministrative, Presidente, altrimenti zitti e al mare (o ai monti), ma lontano dai seggi, per carità. Impotenza e basta.
Lei parla di uno "straordinario patrimonio di sensibilità, interesse culturale e morale, disponibilità a esprimersi e a impegnarsi, soprattutto fra i giovani". Io parlo dei giovani, ah i giovani! Quelli che sono stati rimossi dal sistema produttivo e trasformati in semplici consumatori, in problema (dis)occupazionale, in banali e bugiardi ritratti fabbricati dai media di cui sopra. In persone derise, insultate, offese da salari bassi, escluse dai concorsi pilotati nel pubblico e angariate dal privato, rimosse dagli studi dei liberi professionisti se per caso restano incinte (donne) o chiedono di essere pagati per lavorare (uomini), grazie alla felice balla della formazione, dello stagismo permanente. Stragismo, del futuro, semmai. Stragismo della speranza di avere indipendenza e serenità minime. Dignità. Un'oncia, mica che roba, poi. I giovani - battezzati Bamboccioni da uno dei soliti ministri, ora nel regno dei più - che devono solo ringraziare una classe produttiva e dirigente da gerontocomio per avere l'opportunità dello sgobbo semigratuito e del call-center o l'alternativa della schiavitù ammannita agli immigrati, sempre comodi per quanto denigrati, perché "fanno quei lavori (=schiavitù) che i giovani italiani non vogliono più fare". Comodissimo alibi, nevvero. Ho sentito storie di giovani restauratrici che rintracciavano capolavori da salvare, puntualmente assegnati ai soliti noti, o gestiti con procedure eufemisticamente catalogabili come ambigue e poco trasparenti presso gli uffici competenti, di gente costretta a rinunciare alle proprie competenze e talenti per sopravvivere dietro una cassa del supermercato o una boutique di guepieres. Ho saputo di centinaia di curricula inviati a vuoto senza lo straccio di una risposta. I giovani condannati a questo schifo dalla benefica globalizzazione. Realtà che, parafrasando uno statista dei tempi andati, il sottoscritto sa "sa per averlo provato", se non "cosa significhi la casa deserta e il desco nudo" certamente cosa significhi: "Amore hai 30 euro disponibili sul conto", al 12 del mese senza entrate fisse. Naturalmente quando il sottoscritto, laureato con lode, poliglotta e dotato di Master, ha goduto in pieno delle gioie e delle ricche opportunità fabbricate ad arte e beneficio dei soliti noti, dalle leggi Treu e Biagi. I nomi sono importanti Presidente e le responsabilità pure. Per dieci anni, questa non-vita infame mi son fatto. Passando da una formazione all'altra, da uno stage all'altro, da un corso di riqualificazione professionale all'altro. Inventandomi alta professionalità ma in cambio di una magrissima elemosina annuale per non entrare nel limbo di quelli che ciondolano al bar o crepano lentamente dentro senza alzarsi dal letto. Me la sono sciroppata come migliaia di giovani sensibili e vogliosi di impegno, questa roba. Un limbo disperato color piombo, che mi ha regalato la colite cronica, sì la diarrea, Presidente. Chiamiamo le cose col loro nome: diarrea. Cronica. Anche ora che, a partire dai miei 35 anni (il Mezzo del cammin della vita di un Dante Alighieri), ho la fortuna immensa di avere un'entrata fissa e "son contento". Per me l'ascesa all'Empireo è stato l'impiego. La mia Commedia personale. Dopo questo Inferno. Però, Presidente, di dantesco per quei giorni felici, assecondati dalle leggi firmate e controfirmate da Presidenza della Repubblica e Parlamento, mi è rimasto a contrappasso della dignità ritrovata, un piccolo ricordino infernale: un riservato, laghetto di escrementi permanente. Lasciando stare il fatto che non ho mai pensato di permettermi dei figli, se non da ora (ho 39 anni, classe del '72, secolo scorso, mia moglie pure). Si legga, se ne ha modo, Presidente, fra le tante, il libro di Aldo Nove Mi chiamo Roberta, ho 40 anni e guadagno 250 euro al mese, o si faccia un giro su http://www.anagrafeprecari.it/ per vedere i giovani, la maggioranza, che ancora scontano se han fortuna i gironi e le bolge del non-lavoro. La garrota dei Cocopro... degli atipici. Insomma, La parte peggiore del paese, Presidente, così la vostra politica li chiama, costoro. La parte peggiore. Di tal parte io ne feci parte. Per dieci anni. Una deprimente Iliade dei tempi moderni. La versione ingloriosa e trucida della guerra di Troia, legalizzata ad arte dai giuslavoristi. E basta.
Lei parla di "grandi riserve, di risorse umane e morali, di intelligenza e di lavoro di cui disponiamo". Io parlo, per le ragioni di cui sopra, di un paese e una politica che hanno assassinato il futuro dei giovani, costringendo i migliori di loro a fuggire all'estero, roba che le problematiche situazioni sociali e lavorative estere, che fanno dire ai nostri omologhi stranieri, europei e non, "che non c'è lavoro", fanno dire a questi miei amici emigrati che quei paesi, con tutti i loro problemi, gli sembrano comunque un Bengodi di opportunità, paragonati alla palude italica. Parlo di un paese e di una classe dirigente che stanno strangolando i pensionati e ridurli a fare da ammortizzatore sociale, per dare o acquistare un tetto a figli e nipoti che sono rimasti. Il libero mercato immobiliare e degli affitti. Mai sazio di forche e strangolamenti. Ce ne sarebbe una da aprire di porte sullo strazio e sui patiboli... Presidente, io dico che le risorse finiscono presto quando si strozzano tutti gli altri per regalare alla politica gli stipendi che prende e la possibilità di percepire vitalizi e pensioni dopo un pugno di mesi. Mentre nel frattempo si alza l'asticella per i poveri gonzi. E basta.
Lei parla di "coraggio e lungimiranza (...) della speranza della volontà dell'impegno", non chieda coraggio a chi è stato scientemente allevato a scoraggiarsi da decenni di questo andazzo, non chieda lungimiranza a chi è stato cacciato volutamente nel ghetto nero dell'impotenza e della rassegnazione, di faccia al muro del nulla. Non chieda impegno e volontà ai troppi che, per arricchire i pochi, sono stati sistematicamente defraudati delle condizioni minime per abbozzare un sorriso e pensare al futuro. Lei parla di "spirito di sacrificio e di massimo slancio creativo e innovativo" Non chieda questo, quando burocrazia, istituzioni, fisco e "buonsenso civico" sono stati per decenni la morte di ogni slancio, la bara gelida della creatività, la condanna di ogni rinnovamento. Lei parla di "ricostruzione e cambiamento" quando queste parole sono state giurate e spergiurate ogni dannato mese dalla classe politica, fino alla più radicale, ricostruita e rinnovata nausea, perché ogni mese successivo è stato fatto di tutto per impedire ogni ricostruzione di solidarietà, libertà, autonomia, con metodo e coerenza disumani. E basta.
Lei parla, ed è secondo me la cosa più grave, decisiva e seria del Suo intervento, dell'eventualità di "forze di maggioranza e di governo dominate dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea". Se la Sua valutazione risponde a verità, e non fosse, come temo sia, la riduzione in domanda retorica e minimizzazione in termini di linguaggio istituzionale di responsabilità enormi, colossali e reiterate nel tempo, Le chiedo, Presidente, che ruolo abbia mai ricoperto Lei in tutti questi anni quando leggi, provvedimenti e decreti di questo governo sono stati metodicamente avallati, accettati e controfirmati dalla Presidenza della Repubblica, con correttivi minimi e meramente di facciata, correttivi che, alla prova dei fatti, se mai introdotti, sono stati inefficaci poiché siamo giunti evidentemente a questo punto. Le chiedo questo e basta, Presidente Napolitano. Le chiedo se un qualunque Sandro Pertini, Suo predecessore, si sarebbe posto nello stesso modo di fronte a questa "propaganda", parole Sue. E basta.
del resto, tralasciando il ruolo del Governo e della Presidenza nelle missioni estere, per esempio l'attacco Nato alla Libia, paese con cui questo stesso Governo, che ora suona incoerentemente le trombe di guerra, aveva stretto un patto di reciproco riconoscimento, stima, onore e ausilio reciproco, un Patto di Amicizia, Presidente, non noccioline! Con quel Gheddafi il quale è chiamato tiranno e boia dalle stesse autorità e istituzioni che lo hanno riverito e accolto pochi mesi addietro come un principe a Roma.
Lei era presente, mi pare.
presidente, basta!
Tutto ciò tralasciando pure, ma non dovrei, il resto delle missioni di guerra in cui l'Italia - ex articolo 11 Cost. pare - si trova invischiata con rara devozione...
Le chiedo ora, Presidente Napolitano, se non sia il caso di dimettersi. Di dare seguito a un onesto: basta! Per coerenza.
Penso ed esercito tale diritto di critica e tale richiesta come cittadino, proprio sulla base di queste considerazioni e sulla scorta della Sua pur dubitativa e forse retorica questione della "propaganda" governativa; credo che Lei non abbia la scorta necessaria per dire quel che ha detto al meeting di CL, pensandoLa comunque, me ne dispiaccio io per primo e con il massimo rispetto, come uno dei peggiori e più silenti Presidenti della nostra storia repubblicana a fronte di tutte queste storture e monumentali incoerenze del sistema politico. Ho l'opinione che sia troppo tardi per suonare la campana, e dire, anzi denunciare, quel che ha detto. Cose che contrastano, a mio personale parere, drammaticamente con la più elementare evidenza. Con la più semplice e dovuta coerenza.
Presidente, basta!
P.S: A riprova di quanto affermo le mostro come la questione libica e la piega che sta prendendo denunciano le reali ragioni di tanto intervento umanitario. Si fregano le mani, perché stanno per allungarle su quello che appartiene al popolo libico.
lunedì 22 agosto 2011
Non c'è alcuna crisi
Un contadino ha un campo di grano e produce pasta e pane. Un secondo contadino ha un frutteto. Un allevatore ha un gregge di pecore e produce latte e formaggi. Un artigiano realizza mobili in legno, un altro fila la lana e tesse indumenti.
Quello che ha il pane ne scambia una parte con il formaggio dell’allevatore e con i maglioni del secondo artigiano. Quello che ha la frutta ne scambia un po’ con un tavolo e quattro sedie, e con qualche chilo di pasta. Ognuno produce qualcosa e tutti insieme hanno le cose essenziali per vivere. La natura, del resto, nel medio termine si può considerare prevedibile: se un anno c’è meno frutta, l’anno dopo ce ne sarà di più.
Arriva uno speculatore che, promettendo di scambiare nuovi beni, si prende un po’ di pane, un po’ di frutta, un po’ di latte e un po’ di formaggio. Non restandone più a sufficienza per tutti, scambia quello che ha preso con chi ne ha bisogno ma, data la scarsità di beni che ne deriva, pretende da ciascuno un corrispettivo maggiore di indumenti, di sedie, di pane, di formaggio… Se l’allevatore, mettiamo, non riesce a far fronte alle richieste, perché non dispone di risorse sufficienti a coprire l’aumento artificiale del fabbisogno, lo speculatore gli concede lo stesso il pane e tutto il resto, ma lo impegna a versare l’ammanco ipotecando il formaggio che non è ancora stato prodotto. Lo indebita.
Arriva un secondo speculatore e si prende la restante parte della produzione locale. I contadini, gli artigiani e l’allevatore accettano, perché hanno bisogno di compensare la carestia indotta, cercando di produrre di più e di entrare subito in possesso di ciò che viene improvvisamente loro a mancare.
A questo punto, tutti i beni disponibili sono nelle mani dei due speculatori, i quali sono liberi di decidere come, a chi e per quanto scambiarli. Fanno i prezzi, esigono sempre di più e indebitano progressivamente i contadini, gli artigiani e l’allevatore che ora non producono più per vivere, ma vivono per produrre una quantità sufficiente, sempre maggiore, di cibo e di beni, che possa soddisfare le richieste degli speculatori.
Con l’arrivo di un terzo speculatore, proveniente da terre lontane, che a sua volta ha indebitato altri artigiani, altri allevatori e altri contadini, i tre iniziano a riunirsi periodicamente per scambiarsi i debiti dei produttori, scommettendo sulla loro capacità di ripagarli con perseveranza, senza morire di inedia. Senza fallire.
Quando gli speculatori, tra di loro, esagerano con le speculazioni, scommettendo sulla capacità di ripianare il debito di un allevatore che muore di infarto, per esempio a causa dell’eccessivo lavoro, perdono parte dei loro crediti, che poi sono i debiti di chi produce i beni reali. Così dichiarano ufficialmente l’apertura della crisi. Lo stato di crisi, dicono, richiede ai contadini di produrre più grano e più frutta, agli allevatori di produrre più latte, agli artigiani di fabbricare più tavoli e più indumenti e così via. Altrimenti verrà loro richiesto di saldare i loro debiti immediatamente, e poiché è chiaro che non possono farlo, le loro fattorie verranno espropriate, i loro allevamenti confiscati e moriranno di fame.
Ma la crisi non è dei contadini, che continuano a produrre il grano e la frutta che producevano all’inizio. Non è degli allevatori, che hanno sempre lo stesso numero di pecore, anzi di più, e dunque producono la stessa quantità di formaggi e di latte. Non è di chi fabbrica i mobili sempre alla stessa maniera, né di chi tesse indumenti esattamente come faceva una volta. No: sono gli speculatori ad essere in crisi, non i produttori. E’ il loro meccanismo di inflazione programmata dei prezzi per i beni di prima necessità ad essersi gonfiato fino ad esplodere. La loro ingordigia, il loro universo artificiale, il mondo parallelo e immaginario che hanno costruito accanto a quello reale: è tutto e solo questo ad essere andato in crisi.
Finì che i contadini, gli allevatori e gli artigiani mandarono affanculo gli speculatori e ricominciarono a scambiarsi il pane, il latte, il formaggio, i mobili e i vestiti tra di loro, lasciando gli speculatori al loro meritato destino.
tratto da www.byoblu.com
Quello che ha il pane ne scambia una parte con il formaggio dell’allevatore e con i maglioni del secondo artigiano. Quello che ha la frutta ne scambia un po’ con un tavolo e quattro sedie, e con qualche chilo di pasta. Ognuno produce qualcosa e tutti insieme hanno le cose essenziali per vivere. La natura, del resto, nel medio termine si può considerare prevedibile: se un anno c’è meno frutta, l’anno dopo ce ne sarà di più.
Arriva uno speculatore che, promettendo di scambiare nuovi beni, si prende un po’ di pane, un po’ di frutta, un po’ di latte e un po’ di formaggio. Non restandone più a sufficienza per tutti, scambia quello che ha preso con chi ne ha bisogno ma, data la scarsità di beni che ne deriva, pretende da ciascuno un corrispettivo maggiore di indumenti, di sedie, di pane, di formaggio… Se l’allevatore, mettiamo, non riesce a far fronte alle richieste, perché non dispone di risorse sufficienti a coprire l’aumento artificiale del fabbisogno, lo speculatore gli concede lo stesso il pane e tutto il resto, ma lo impegna a versare l’ammanco ipotecando il formaggio che non è ancora stato prodotto. Lo indebita.
Arriva un secondo speculatore e si prende la restante parte della produzione locale. I contadini, gli artigiani e l’allevatore accettano, perché hanno bisogno di compensare la carestia indotta, cercando di produrre di più e di entrare subito in possesso di ciò che viene improvvisamente loro a mancare.
A questo punto, tutti i beni disponibili sono nelle mani dei due speculatori, i quali sono liberi di decidere come, a chi e per quanto scambiarli. Fanno i prezzi, esigono sempre di più e indebitano progressivamente i contadini, gli artigiani e l’allevatore che ora non producono più per vivere, ma vivono per produrre una quantità sufficiente, sempre maggiore, di cibo e di beni, che possa soddisfare le richieste degli speculatori.
Con l’arrivo di un terzo speculatore, proveniente da terre lontane, che a sua volta ha indebitato altri artigiani, altri allevatori e altri contadini, i tre iniziano a riunirsi periodicamente per scambiarsi i debiti dei produttori, scommettendo sulla loro capacità di ripagarli con perseveranza, senza morire di inedia. Senza fallire.
Quando gli speculatori, tra di loro, esagerano con le speculazioni, scommettendo sulla capacità di ripianare il debito di un allevatore che muore di infarto, per esempio a causa dell’eccessivo lavoro, perdono parte dei loro crediti, che poi sono i debiti di chi produce i beni reali. Così dichiarano ufficialmente l’apertura della crisi. Lo stato di crisi, dicono, richiede ai contadini di produrre più grano e più frutta, agli allevatori di produrre più latte, agli artigiani di fabbricare più tavoli e più indumenti e così via. Altrimenti verrà loro richiesto di saldare i loro debiti immediatamente, e poiché è chiaro che non possono farlo, le loro fattorie verranno espropriate, i loro allevamenti confiscati e moriranno di fame.
Ma la crisi non è dei contadini, che continuano a produrre il grano e la frutta che producevano all’inizio. Non è degli allevatori, che hanno sempre lo stesso numero di pecore, anzi di più, e dunque producono la stessa quantità di formaggi e di latte. Non è di chi fabbrica i mobili sempre alla stessa maniera, né di chi tesse indumenti esattamente come faceva una volta. No: sono gli speculatori ad essere in crisi, non i produttori. E’ il loro meccanismo di inflazione programmata dei prezzi per i beni di prima necessità ad essersi gonfiato fino ad esplodere. La loro ingordigia, il loro universo artificiale, il mondo parallelo e immaginario che hanno costruito accanto a quello reale: è tutto e solo questo ad essere andato in crisi.
Finì che i contadini, gli allevatori e gli artigiani mandarono affanculo gli speculatori e ricominciarono a scambiarsi il pane, il latte, il formaggio, i mobili e i vestiti tra di loro, lasciando gli speculatori al loro meritato destino.
tratto da www.byoblu.com
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